Buster Keaton, il genio triste del cinema muto rivive a 50 anni dalla morte

Buster Keaton
di Luisa Mosello
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Domenica 31 Gennaio 2016, 21:28 - Ultimo aggiornamento: 4 Febbraio, 17:20

Un mito. Muto, ma che sapeva parlare. Al cuore, attraverso le parole silenti ma forti delle emozioni. Che Buster Keaton esprimeva attraverso il volto, lo sguardo, i gesti. Con una malinconia impregnata di dolcezza e insieme di energia. Domani 1 febbraio si celebrano i 50 anni dalla scomparsa di questo artista dello schermo, regista, attore, talento vero e pioniere, l’unico a poter competere con l'estro di Charlie Chaplin. Un genio triste ma immortale al quale è dedicato il progetto pluriennale della Cineteca di Bologna che prevede il restauro dei suoi capolavori e la proiezione dei cortometraggi al Festival del cinema ritrovato.
 



In realtà si chiamava Joseph Frank. Quel nome «Buster», che significa rompicollo e indistruttibile, sembra glielo avesse dato il mago Houdini dopo averlo visto rialzarsi come nulla fosse dopo esser caduto rovinosamente dalle scale. All’epoca Keaton era un bambino che andava in giro come saltimbanco con il padre capocomico di una compagnia di teatranti e appena compiuti i 20 anni era già una star. Nato nel 1895 in Kansas, firmò il suo primo contratto cinematografico nei ruggenti anni Venti, esattamente nel 1921 grazie all’interessamento di un divo del comico come Arbukcle che aveva come segretaria proprio la prima moglie di Buster, Natalie.

E’ l’inizio per i cortometraggi a cui segue un periodo di lavori in proprio con  la «Buster Keaton Comedies”,  un lungometraggio e quindi i cortometraggi più famosi  come «Tiro a segno» e «Una settimana » in cui si sperimenta a tutto tondo. Fino ad arrivare alla regia di titoli che rappresentano la storia del cinema come  « «Il navigatore» o «Come vinsi la guerra». Poi le luci accecanti di Hollywood e l’arrivo del sonoro finiscono con spegnere la sua vena creativa. Dopo qualche incursione nei film americani, con Chaplin, e anche italiani , a fianco di Franco e Ciccio (in cui dice solo un “grazie”), percorre realmente il viale del tramonto fino alla morte in una fredda notte di febbraio del 1966 in California, dopo aver trascorso una serata, triste, al tavolo da gioco.  
 

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