Pompei, panificio-prigione di duemila anni fa. «Operai in schiavitù e asini al lavoro bendati»

Scoperti nella Regio IX ambienti angusti dove le persone ridotte in schiavitù e asini erano rinchiusi e sfruttati per macinare il grano

Pompei, panificio-prigione di duemila anni fa. «Operai in schiavitù e asini al lavoro bendati»
di Laura Larcan
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Venerdì 8 Dicembre 2023, 10:51 - Ultimo aggiornamento: 21:24

L'altra Pompei, quella degli ultimi nella gerarchia sociale, svela un capitolo inedito e struggente. Quando l'archeologia restituisce pagine di sofferenza umana e sociale all'ombra dei fasti della città vesuviana. Anche questa è Pompei, quella che viene raccontata dall'ultima scoperta: un panificio-prigione. Qui, con uno sforzo di immaginazione, dobbiamo pensare alla presenza di persone ridotte in schiavitù, affiancate da asini a lavorare in ambienti angusti, bui, rischiarati solo da piccoli pertugi chiusi da grate metalliche. «Erano rinchiusi qui e sfruttati per macinare il grano necessario a produrre il pane per la città. Un ambiente angusto e senza affaccio esterno - racconta il direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel - l'aspetto più incredibile è stato ritrovare nel pavimento intagli che rivelano il movimento coordinato degli animali, costretti a girare per ore con occhi bendati». Il singolare impianto è emerso nella Regio IX, insula 10, dove sono in corso scavi programmati dalla direzione del parco. 

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La scoperta

Tutto è partito dalla indagini che hanno riportato alla luce una casa che doveva essere in fase di ristrutturazione al momento dell'eruzione del Vesuvio.

Un’abitazione suddivisa - cosa tipica di Pompei - in un settore residenziale decorato con raffinati affreschi di IV stile, e un quartiere produttivo destinato in questo caso alla panificazione. «In uno degli ambienti del panificio, erano già emerse nei mesi scorsi tre vittime, a conferma che nonostante la ristrutturazione in corso, la dimora fosse tutt’altro che disabitata».

La vera sorpresa però è stata l'interpretazione dell'impianto come vera e propria prigione. Ambienti di mulini-panifici destinati ad un lavoro forzato e massacrante a cui erano sottoposti uomini, donne e animali. Un luogo che sembra perfettamente ricollegarsi alla descrizione che fa lo scrittore Apuleio, vissuto nel II secolo d.C., che inn un suo libro delle Metamorfosi racconta l’esperienza del protagonista, Lucio, trasformato in asino e venduto a un mugnaio, evidentemente sulla base di una conoscenza diretta di contesti simili a Pompei. 

I commenti

«Il settore produttivo messo in luce è privo di porte e comunicazioni con l’esterno - spiega Zuchtriegel che ha pubblicato un articolo scientifico a più mani sull’E-Journal degli scavi di Pompei - l’unica uscita dà sull’atrio; nemmeno la stalla possiede un accesso stradale come frequente in altri casi. Si tratta, in altre parole, di uno spazio in cui dobbiamo immaginare la presenza di persone di status servile di cui il proprietario sentiva il bisogno di limitare la libertà di movimento. È il lato più sconvolgente della schiavitù antica, quello privo di rapporti di fiducia e promesse di manomissione, dove ci si riduceva alla bruta violenza, impressione che è pienamente confermata dalla chiusura delle poche finestre con grate di ferro».

Soddisfatto il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano: «La scoperta di un panificio-prigione a Pompei è un’ulteriore conferma del valore inestimabile dell’intero sito archeologico. Il Parco di Pompei continua a rivelare nuovi tesori che si aggiungono al patrimonio già ricchissimo della nostra Nazione. Queste nuove scoperte, frutto di scavi e di una ricerca scientifica continua e puntuale, confermano l’unicità di un luogo che tutto il mondo ci invidia».

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