Ictus, i sintomi che salvano la vita. Padovani, presidente Società Neurologia: «Ecco i campanelli d'allarme»

Dai disturbi della vista ai formicolii a una parte del corpo, dal deficit di forza a una mano a una vertigine

Ictus, i sintomi che salvano la vita. Padovani, presidente Società Neurologia: «Ecco i campanelli d'allarme»
di Maria Rita Montebelli
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Giovedì 9 Novembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Novembre, 09:14

L'ictus è una delle patologie più comuni e invalidanti e in Italia se ne registrano circa 180 mila casi l’anno.

È dovuto al fatto che una parte del cervello all’improvviso non riceve più sangue; le cellule nervose si danneggiano e, se non si interviene subito, muoiono, facendo perdere a una persona funzioni importanti quali la parola, muovere un braccio o una gamba, l’equilibrio, formulare pensieri. Questo accade quando un vaso viene ostruito da un coagulo o da un embolo partito dal cuore (ictus ischemico) o se un’arteria si rompe all’interno del cervello (ictus emorragico). Ma questi eventi catastrofici sono spesso preceduti da “avvertimenti” che è bene imparare a riconoscere.

«I campanelli d’allarme – spiega il professor Alessandro Padovani, presidente della Società italiana di Neurologia – sono disturbi neurologici di breve durata, attacchi ischemici transitori, che si risolvono nel giro di 24 ore. A volte sono già espressione di un piccolo ictus (minor stroke) non sufficientemente grande da determinare una compromissione perdurante nel tempo».

Questo induce in genere le persone, soprattutto quelle che vivono lontano dai centri abitati o gli anziani, a non prenderli sul serio e a minimizzare il problema, una volta sparito. «Invece - aggiunge il professore - andrebbero riferiti subito al medico. I sintomi d’allarme vanno da disturbi della vista, formicolii a una parte del corpo o del viso, deficit di forza a una mano, a una gamba o a un braccio. Anche una vertigine di una certa durata può essere sospetta, come anche la perdita di stabilità e di equilibrio o della coordinazione nella marcia». Un disturbo inizialmente lieve, nel giro di qualche ora può trasformarsi in un problema maggiore; un po’ come piccole scosse di terremoto possono precedere un “big one”, un sisma disastroso. Ecco perché non bisogna perdere tempo se improvvisamente si sente una gamba “pesante” o se la mano non risponde, o peggio si fatica a parlare o si vede male. Un’alterazione dello stato di coscienza, anche breve, associata a un forte mal di testa e a una sensazione di ottundimento, può essere il preludio di un ictus emorragico. Una cefalea lancinante in un soggetto che non soffre di mal di testa, associata a un annebbiamento della mente, è un campanello d’allarme assai importante, che se riconosciuto e trattato in maniera adeguata, può impedire lo sviluppo di un ictus emorragico. È in questo intervallo tra i prodromi e l’ictus vero e proprio che può esserci un prezioso spazio di intervento e di prevenzione. «Dunque è bene non sottovalutare questi sintomi – ammonisce il professor Padovani – e segnalarli al medico di famiglia se si è una persona sana, senza fattori di rischio. Al contrario, se compaiono in soggetti al di sopra dei 65 anni e in presenza di fattori di rischio come una fibrillazione atriale, un’ipertensione o un diabete mal controllato è bene recarsi subito in pronto soccorso».

ICTUS ISCHEMICO

Una volta arrivato in pronto soccorso, il paziente con sospetto ictus viene sottoposto a Tac cranio che può evidenziare un ictus emorragico; nel caso dell’ictus ischemico nelle prime ore la diagnosi viene fatta sulla base di un disturbo neurologico congruo con un’ischemia. «Il tempo è prezioso soprattutto nel caso dell’ictus ischemico – afferma Padovani – perché oggi abbiamo a disposizione terapie che possono riaprire l’arteria ostruita, migliorando radicalmente la prognosi. La maggior parte dei pazienti, può essere trattata con terapia trombolitica negli ospedali dotati di “stroke unit” o un reparto di medicina di emergenza. Ma la terapia trombolitica endovenosa si può iniziare in autoambulanza, gestita in telemedicina. È efficace nella maggior parte degli ictus ma lo è ancor più se associata alla trombolisi meccanica, effettuata con uno speciale catetere vascolare che, inserito dai vasi dell’inguine, arriva in prossimità dell’arteria occlusa nel cervello, per iniettarvi il farmaco trombolitico. La procedura può essere associata alla frantumazione meccanica del trombo. La finestra d’intervento per la trombolisi arriva a 6 ore, anche se prima si interviene, meglio è».

ICTUS EMORRAGICO

L’ictus emorragico è più grave ed ha una prognosi meno favorevole. È in genere legato alla rottura di un vaso cerebrale, conseguenza di un’ipertensione grave, specie negli anziani che hanno una parete vasale più rigida non in grado di ammortizzare i picchi ipertensivi e dunque pronta alla rottura. Spesso l’emorragia è associata alla rottura di un aneurisma di un vaso cerebrale, una sorta di “bolla” che si forma sulla parete del vaso e che a un certo punto si rompe. In presenza di campanelli d’allarme come episodi di cefalea durante uno sforzo, si può sospettare la presenza dell’aneurisma, individuarlo e trattarlo per via endovascolare, prima che si rompa». È l’entità dell’emorragia a condizionare la prognosi del paziente. «A volte è necessario intervenire chirurgicamente. Altre volte si attende, controllando la pressione e somministrando farmaci in grado di accelerare la formazione di una stasi che permetta di tamponare la “ferita” che si forma nella parete del vaso».

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