Disciplina dolce, figli felici, forse...ma genitori frustrati: ecco i limiti di un approccio educativo con molti punti da migliorare

Stop a rimproveri e punizioni per gestire la rabbia e i capricci

Figli felici, forse...ma genitori frustrati. Ecco i limiti della disciplina dolce, un approccio educativo con molti punti da migliorare
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Lunedì 8 Aprile 2024, 13:31

Nell’educazione dei figli sta avendo un gran successo un approccio che si basa su una educazione “gentile” per dire basta a rimproveri e punizioni nel gestire la rabbia e i capricci dei nostri figli. Un metodo che però non ha una comprovata valenza scientifica a lungo termine e che rende i genitori frustrati e inadeguati. Un approccio più da addetti ai lavori che pone mamma e papà davanti a sfide difficili da affrontare.

Stop a rimproveri e punizioni per gestire la rabbia e i capricci dei nostri figli.

In un mondo in cui l’educazione dei bambini era spesso associata a metodi autoritari o al classico metodo Montessori, negli ultimi anni sta riscuotendo grande interesse la “disciplina dolce, un approccio psicologico che sovverte i tradizionali paradigmi educativi. Una disciplina che, ponendo il suo focus sull’ascolto e il rispetto dell’individuo, rifiuta il sistema dei premi e delle punizioni, proponendo alternative apparentemente innovative. Ma cosa significa realmente educare i propri figli applicando solamente la “via” del dialogo e della dolcezza? Funziona realmente o ha delle controindicazioni?

«L’approccio - spiegano Claudia Denti e Severino Cirillo, fondatori della piattaforma Genitore informato - sembra offrire una boccata di ossigeno ma in realtà ha dei limiti significativi. Innanzitutto non ha una comprovata valenza scientifica che funzioni a lungo termine e rischia di stressare i genitori compromettendo la qualità dell’educazione e delle relazioni familiari. Si tratta insomma di un approccio che può andare bene per educatori di talento, con competenze e pratica sul campo di anni: i genitori, nella maggior parte dei casi, non sono in questa situazione e quindi si trovano in difficoltà e finiscono per sentirsi inadeguati e incapaci, rischiando quello che in termini tecnici si chiama burnout, ovvero una sindrome che, legata allo stress, esaurisce le risorse psico-fisiche di chi ne è vittima».

Si tratta dunque di un metodo che, pur offrendo molti vantaggi, pone mamma e papà davanti a sfide che spesso sono difficili da affrontare: «Una lettura solo apparente - afferma Severino Cirillo- può far sembrare questo tipo di approccio permissivo e invece non è così perché ha bisogno di stabilire regole ferme ma giuste, che devono essere coerenti e accompagnate da spiegazioni comprensibili per i bambini. Il che non è facile, considerando che richiede attivamente ai genitori di mettere in secondo piano e talvolta sopprimere le proprie emozioni in nome di un colloquio pacifico che spesso non è possibile. Da qui alcuni dubbi sembravano inevitabili: come possiamo educare all’emotività se siamo i primi a sopprimere ciò che proviamo veramente? Inoltre, come supportiamo questi genitori quando il dialogo è carente o, peggio ancora, non funziona?». Il rischio dunque è che il genitore possa vivere un forte senso di disagio, possa cioè non sentirsi all'altezza e non essere in grado di compiere alcune cose che la disciplina dolce richiede. «Perché una famiglia funzioni in modo armonico -sottolinea Claudia Denti- è opportuno che tutti i suoi componenti siano preservati. L'approccio di cui stiamo parlando può avere come conseguenza che una mamma e un papà disorientati finiscano con l'’ammalarsi’, esprimendo un forte senso di disagio e frustrazione». Quindi, se da un lato l'obiettivo è di crescere in modo sano i figli, molto probabilmente un metodo di questo tipo può compromettere la salute dei genitori con delle inevitabili ripercussioni anche sui figli. Un ulteriore problema sulla strada di un metodo educativo funzionale alla nostra epoca è che, per moltissimi genitori, rifiutare la disciplina “rispettosa” significa appoggiare la violenza. Questa dicotomia è purtroppo molto comune ed è un’idea sbagliata: si può educare senza usare la violenza E senza scadere nel lassismo. «L’elemento cardine - secondo i due esperti - è quello di rimettere al centro la figura del genitore perché la sua centralità educativa va rispettata e salvaguardata. Non a caso, da oramai molti anni, ci occupiamo proprio della ‘crescita’ e dello ‘sviluppo’ del genitore. Vogliamo -affermano Denti e Cirillo- dare la possibilità ai bambini di avere genitori preparati che possano educarli in maniera scientifica e farli vivere felici. Il nostro obiettivo è di combattere metodi e discipline apparentemente innovative che presentano molte insidie».

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