Chi dei fratelli Karamazov ha ucciso il padre? Nella pagine del libro di Dostoievski è scritto nero su bianco. Ma chi è che ha la responsabilità morale dell’omicidio? E si poteva evitare? “È stato un onore poterla vedere!”, grida uno spettatore. “Bravo!”, si sente urlare da più parti della sala. Quanto è passato dalla fine dello spettacolo? L’orologio segna 5 minuti. Tutti sono ancora ad applaudire. Un tripudio.
È per Umberto Orsini. Che dai Karamazov non è stato mai abbandonato. Da quando, appena 25enne, interpretò Ivàn. Era il 1969 e la miniserie televisiva diretta da Sandro Bolchi andava in onda sulla Rai. Oggi l’attore è sul palco del Vascello, dove porta le memorie di quel personaggio che ha conosciuto 74 anni fa.
Ne è passato di tempo.
Il più criptico dei fratelli Karamazov stavolta è solo, confinato in un limbo, in un purgatorio dell’anima. Sul palco troneggia un imponente scranno di un giudice al centro, la nebbia mistica e spiazzante intorno, e una sedia insanguinata confinata in un angolo. Si tratta di quella usata dal fratello di Ivan per uccidere il padre, in modo da ottenere pochi soldi. È in questo non luogo che si interroga sulle sue colpe. Ma anche sulla vita e sulla fede. E sul potere di Dio. Si pone poi la grande domanda: se Gesù tornasse in terra, come verrebbe accolto?
“Il Grande Inquisitore lo condannerebbe di nuovo”, racconta al fratello. Perché? Per non perdere il potere acquisito. Ma chi è che farebbe una cosa simile? È solo una storia inventata o è la voce della coscienza a parlare? Fogli di carta piovono dall’alto. Tutto si perde nelle scene disegnate da Giacomo Andrico. Il grande seggio di legno si squarcia in due. Dietro compare uno specchio, davanti il riflesso di Ivan. Ma non solo, anche quello del pubblico. Perché tutti sono complici del male, soprattutto quando non vogliono vederlo.