C’era un tramonto da paura, peccato chattavo

C’era un tramonto da paura, peccato chattavo
di Raffaella Troili
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Mercoledì 11 Gennaio 2017, 00:05
Stacca l’occhi da quer
telefonino, a nonna! Tra ‘n quarto
d’ora c’è un #tramonto da paura!
#roma

@MeteoNonnaRoma

Il cielo è terso, pulito dal freddo, di un tono diverso dal solito pacioso celeste romano. Ma in pochi forse ne sono accorti. Certe sere, oltre i tetti, se si alza appena lo sguardo il tramonto ci sta esplodendo davanti, sembra un rogo nel mare, difficile poi distogliere gli occhi. C’è del bello e non serve riesumare la meraviglia del Leopardi, ovunque e inaspettatamente. Molto più prosaicamente, più di un pedone, ha rischiato grosso, era proprio davanti a noi, si è salvato per un pelo, l’abbiamo visto in tempo. Eravamo tutti a testa in giù, presi a chattare, giocare, scrivere futili ma importantissimi riflessioni sul cellulare. Intanto, ci perdiamo i volti, le parole, un po’ di vita nostra e della città. Difficile esser poi d’esempio a giovani generazioni smartphone dipendenti per i quali gli oculisti prevedono danni importanti alla vista, difficile far capire che con gli amici si parla e si esce, non si chatta con poche, superficiali e secche frasi condite da emoticon.

Con il cellulare si acquista, si traduce, si chiede consiglio, si crede di avere un mare di contatti. E’ una scatola magica che è sempre utile avere a portata di mano. Ma quante telefonate partono davvero? Quanti messaggi si trasformano in appuntamenti? Il gusto di uscire, cercare, guardare tutto e tutti rischia di perdersi, come il senso dell’utilità di un mezzo che può invece al momento giusto salvare la vita. Che poi comunque anche sognare dietro una finestra, è un primo passo per salvarsi. Alziamo gli occhi, ci sono fontane gelate, barboni che hanno un nome e cognome, gente che sorride per niente, paesaggi indimenticabili. Una foto in meno e un’emozione in più, please.

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