Roma, la magia di Kentridge contro il “Disastro Capitale”

di Davide Desario
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Martedì 24 Maggio 2016, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 09:41
Nonostante chi la governa e la governerà, Roma è unica, il murale di Kentridge è un omaggio emozionante al Tevere 
@giandagolucky69

Dario esce dal suo ufficio in Centro dopo le 21. Eppure il cielo di Roma non è ancora buio. Come un automa raggiunge la sua utilitaria e mette in moto: destinazione casa. Ma una strada chiusa dai vigili lo obbliga a cambiare il suo solito percorso.

Così passa per piazza Venezia deturpata dai cantieri eppure così bella al punto che i turisti scavalcano le transenne per fotografarla. Prosegue verso il Campidoglio. E in via del teatro Marcello, tra autobus ricoperti di scritte tipo “RomatornaRoma”, “Questa è Roma”, “CoRaggiosi” e “Liberi dai partiti”, decide improvvisamente di parcheggiare. Si incammina per un vicolo che lo porta nel cuore del ghetto. Guarda quei sampietrini che trasudano storia, certi portoni e certi scalini ognuno dei quali meriterebbe un film. Si ritrova sul Lungotevere davanti all’Isola Tiberina e guarda la città così stanca, abbandonata, con la sua storia presa a schiaffi: pensa all’ultimo libro del giornalista del Messaggero, Mario Ajello, “Disastro Capitale”. E gli sembra una sintesi perfetta. Poi, però, si affaccia sulle banchine del Tevere e resta ipnotizzato dai murales di William Kentridge. Non li aveva mai visti dal vivo. E allora scende sulla banchina e percorre quei seicento metri fino a ponte Mazzini. Li accarezza, si emoziona e pensa che siano la cosa più bella di Roma negli ultimi anni. “Triumphs and Laments” è il nome, anche questo azzeccatissimo, dell’opera realizzata con una speciale tecnica di ripulitura dei muri. Tra 3 o 4 anni, infatti, scomparirà. «Chi non l’avrà vista - pensa Dario - merita il disastro».

davide.desario@ilmessaggero.it
 
 
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