Il suo cartello in inglese, appeso all’angolo tra via della Purificazione e via dei Cappuccini, dice che gettare rifiuti per strada è un crimine. Cosa l’ha spinta a occuparsi della “sua” via?
«Il senso civico e la cura delle cose comuni. In quel punto lasciavano sacchetti, bottiglie di birra, valige rotte e si creava ogni giorno una montagna di rifiuti maleodoranti. Ho anche inseguito e fatto multare un incivile e ora all’angolo, guardi, non c’è più immondizia».
E anche l’asfalto nuovo è merito suo?
«Lungo via della Purificazione, dove ho il laboratorio, l’asfalto era devastato, non veniva rifatto da 30 anni, una volta una turista è caduta e si è spaccata la testa e da una voragine uscivano i topi che venivano mangiati dai gabbiani, un incubo. Dopo quattro anni di segnalazioni inascoltate mi sono rivolta al difensore civico e finalmente sono venuti a fare i lavori. Ora manca solo la segnaletica».
L’hanno aiutata le sue competenze da manager?
«Anche, ma è stata soprattutto una reazione di rabbia contro l’abbandono e l’incuria, per me inaccettabili. Roma è bellissima, va rispettata».
Perché ha lasciato un posto d’oro da dirigente?
«Un po’ perché ero stanca dei ritmi dell’azienda, un po’ c’entra anche mio marito, che è ingegnere, non ha voluto seguirmi a Londra, dove ho lavorato per due anni e mezzo aspettandolo. Quando mi sono resa conto che non avrebbe mai lasciato Roma sono tornata».
Come è riuscita a inventarsi artigiana?
«In Inghilterra avevo fatto, per hobby, un corso di lavorazione della pelle e mi sono appassionata».
Ma cucire borse è altra cosa
«Non è stato facile. Ci ho messo tre anni per diventare brava. Ho iniziato a esercitarmi su una vecchia macchina da cucire, che avevo trovato in un negozio di pellami a Roma. Poi ne ho comprata una mia e ho aperto il laboratorio nel 2013».
Nel cuore del centro storico.
«Ho scelto una zona turistica, sono soprattutto i turisti stranieri ad appezzare i prodotti fatti a mano».
Come si è fatta conoscere?
«Con il sito internet, lavoro molto su ordinazione. Una grande mano, poi, me l’ha data la pagina su Google business: visualizza il negozio e dà la posizione ai turisti di passaggio che cercano bags hand made».
Il suo prodotto di punta?
«Le shopper bicolore».
Il segreto per venderle?
«Personalizzarle con le iniziali o il nome, disegnare con il cliente il modello, scegliere insieme i pellami».
Essere stata una manager le ha dato una marcia in più?
«La formazione avuta nella prima multinazionale dove ho lavorato è stata fondamentale. Lì ho imparato l’attenzione e la cura per il cliente. Poi la buona conoscenza dell’inglese mi ha aiutato moltissimo».
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