«Io, gladiatore, insegno inglese con pesi e corde»

Foto di Fabio Lovino
di Rosalba Emiliozzi
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Domenica 30 Settembre 2018, 17:05 - Ultimo aggiornamento: 1 Ottobre, 21:10
Un gladiatore moderno. «Sono un barbaro irlandese diventato romanaccio - come si definisce Gary Cassin - per amore». Claudia, ingegnere aerospaziale, gli ha rubato il cuore, è stato un colpo di fulmine e non si sono più lasciati.

Un passato da calciatore in Irlanda, ora personal trainer e atleta di sport estremi, Gary Cassin, 33 anni, ha costruito il suo futuro a Roma, città che sente sua, si sposta in bici tra un bootcamp e l'altro nei parchi della Capitale, esercizi con gli elastici, affondi e conversation, sono la sua specialità. «A Roma ci sono molti stranieri che lavorano e spesso sanno parlare solo inglese e molti italiani che vogliono migliorare la lingua e tenersi in forma - dice Gary - In questo modo si pratica l'inglese mentre ci si allena».

Lei quante volte si allena?
«Sei volte a settimana, almeno un'ora».

La sua passione per le gare estreme come nasce?
«Ho iniziato due anni e mezzo fa, un mio cliente voleva prepararsi per la Spartan Race (corsa a ostacoli, ndr). Non sapevo cosa fosse, mi sono informato: sono gare veramente belle, ma devi essere molto resistente, forte e avere un buon fiato. Ho provato anch'io».

E come è andata?
«Ho fatto bene. Quest'anno mi sono qualificato per il campionato mondiale, sono arrivato settimo in Italia nella categoria Elite. E sono andato in California, dove sabato 29 settembre si sono disputate le gare, con altri 300 partecipanti, i più forti del mondo».

Un sport sudore e sangue.
«Quando gareggio do il cuore, affronto tutti i rischi. Ho perso quasi conoscenza tre volte battendo la testa e ad aprile un ramo è entrato nella mia gamba: sono sempre un barbaro irlandese, in me c'è un Gary rimasto primitivo».

Perché ha deciso di venire in Italia?
«Sei anni fa lessi sull'Irish Time che gli irlandesi non parlavano lingue straniere mentre tedeschi, olandesi e svedesi ne conoscevano almeno due, non volevo essere così. Ho preso un periodo sabbatico, allora lavoravo per l'agenzia turistica governativa ed ero personal trainer part time, e sono partito».

Destinazione Roma.
«Sì, ho trovato un lavoro in un pub e facevo scambi di lingua con romani simpatici. Così ho conosciuto Claudia, che è calabrese ma vive a Roma. Quando l'ho vista mi sono detto: quanto è bella, poi ho scoperto che è anche molto intelligente. Ci siamo sposati nel 2016».

In Irlanda c'è l'altro pezzo della sua vita, e il passato da calciatore?
«Ho giocato nella massima serie, ma a 21 anni mi sono infortunato e ho dovuto smettere. Avevo lasciato gli studi a 14 anni per giocare a calcio e da lì ho ripreso con le superiori e l'università. Io barbuto accanto a ragazzi giovanissimi. È stato difficile».

Ma ce l'ha fatta.
«Questo svantaggio mi ha dato più carica. Ho conseguito una laurea simile a Scienze Motorie, ma ero deluso dallo sport e allora ne ho presa un'altra in Economia».

Poi il grande salto in Italia. Dove ha scelto di vivere?
«Io e mia moglie viviamo a Centocelle, amo molto questo quartiere perché è vivace, allegro, multiculturale, con molti bambini che giocano tra loro».

E a Roma ha realizzato il suo sogno.
«Ho creato qui ciò che avevo visto in Australia, uno studio che non è una palestra, non ne ha le caratteristiche. È un luogo dove fare un programma di esercizi, solo su appuntamento».

Ai sedentari convinti cosa dice?
«Siamo fatti per muoverci, dobbiamo correre, saltare, è fondamentale, ci fa stare bene».
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