Qualcuno sacramenta al Pigneto: «Ci tocca stare all'aperto e fa pure freddo. Oste, riaccendi il fungo!». Molti altri a Roma città (semi) aperta, in un neorealismo modello dehor, supplicano tra Trastevere e i Parioli, Monti e Garbatella, il ristoratore di turno: «Dacci un altro minutino per l'ammazzacaffè, mica ci cacci davvero?». Ma la risposta è dolorosamente netta: tutti fuori, causa coprifuoco alle 22. «E dai, chiudi un occhio». Ma quello: «Se chiudo un occhio, mi chiudono il locale». E così, è piuttosto strana l'ebrezza del ritorno dei romani alla quasi normalità, con pranzi e cene fuori. Tante le prenotazioni, dove si mangia bene, e tante le situazioni nuove. Una coppia esce da una famosa pizzeria in Prati poco prima della dead line, ancora stanno deglutendo l'ultimo morso di tiramisù e mentre salgono in taxi si rivolgono al conducente con una richiesta impossibile: «In sei minuti dobbiamo stare a San Giovanni. Se ci ferma la polizia che cosa gli diciamo? Gli diciamo che siamo golosi e non ci deve multare».
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I re della mezza
Sedersi a cena alle 19,30, per poter stare orientativamente fino alle 21,30, s'è rivelato per molti romani una tortura: «Ma io a quest'ora non c'ho fame, non sono mica un inglese che cena di pomeriggio!».
Ancora uno spritz
E comunque. Tra un po' si potrà anche replicare la più classica doppietta romana: pizzetta e cinemino. Per ora i cinema sono per lo più chiusi. Ma al Sacher c'è Nanni Moretti sull'uscio che scherza: «Venghino, signori, venghino». Il Farnese funziona e il Greenwich pure. L'Eden riaprirà il 6 maggio, e ieri è stato meta di piccole pattuglie di anziani («Netflix? Io non ce l'ho!», «I film sulle piattaforme digitali? Se li guardi lei, io resto affezionato al grande schermo») che confidavano nella riapertura e invece niente. Si avviano al Quattro Fontana e uno di loro partendo proclama: «Senza cinema sto male». Intanto la musica si sta preparando. All'Auditorium da una parte c'è il centro per le vaccinazioni con i romani in fila, dall'altra parte - a pochi metri di distanza - c'è la Cavea che gli operai stanno attrezzando per i concerti (Bennato, Beck, Brunori Sas) di metà giugno. Una doppia immagine che riassume la lotta anti-virus che impazza e la speranza sul dopo che si prepara. Intanto i giovani romanordari hanno invaso Ponte Milvio. Qualcuno va a farsi una pizza da Pallotta («Non ne potevo più della cucina di mia mamma, l'unica cosa che sa fare è la pasta scotta»); altri rinunciano: «A me, una pizza prima delle dieci di sera non mi scende».
Al mattino, al Bioparco, è stato riaperto anche il Rettilario. C'è un bimbo contento: «Papà, papà, ma anche i serpentoni sono stati in lockdown?». E lì vicino, ecco la Galleria Borghese. E' lunedì ma, come gli altri musei, ha riaperto lo stesso. «Che estasi. Non avevo mai visto Apollo e Dafne, senza gruppi di turisti che li assalgono», dice una professoressa in pensione, la Innamorati. E come lei svariati romani si godono Bernini e tutto il resto: niente prenotazioni sei mesi prima per sei mesi dopo, ci si va direttamente o si prenota last minute. La regola è entrate scaglionate, ogni due ore, e non più di 100 persone contemporaneamente (nella normalità erano 360). Ma quando tornano i turisti? E' il singhiozzo tra i Fori e il resto dell'Urbe. I primi in arrivo si prevede siano inglesi e australiani: abbondantemente Covid free. Alla Galleria Borghese tra i visitatori si ragiona così: «Sì, bello il Ratto di Prosperpina con Plutone che la porta via. Una grande tragedia. Ma ormai alle tragedie, dopo due anni di dolore e di morte, siamo abituati pure noi».
Lo spritz dilaga più dell'arte. E pian piano si fa tardi. «Rega', scatta il coprifuoco!», è il grido dei giovani. Intanto gli adulti si alzano in fretta dalle trattorie (davanti ai camerieri impazienti di sgombrarli) e il mood è questo: «Non è che così va bene. Ma poteva andare peggio».