La sensualità della danza, con quel movimento delle vesti che lascia intravedere i corpi femminili. E accanto, gli amorini che intrecciano coreografie festose. La sequenza elegante è quella di scene mitologiche ispirate al mondo dionisiaco, dove le figure duettano con simboli e ornamenti floreali. Sono quadri a rilievo, virtuosismi di stucchi, inseriti in raffinati scorci di architetture in prospettiva: colonnine, capitelli e trabeazioni, come moderni illusionistici trompe-l'oeil. Uno spettacolo. Il bianco lattiginoso di queste meraviglie decorative a stucco sta riaffiorando da alcune particolari volte del Colosseo, monumento tanto noto quanto ancora sconosciuto, in fondo. Il nero pesante quasi fossilizzato da secoli di polveri, terre, sporco, sta venendo via. E la luce, dietro l'oscurità, è una sorpresa per l'équipe di studiosi e tecnici del parco archeologico del Colosseo guidato da Alfonsina Russo. Qui, un imponente cantiere di restauro avviato al primo livello del monumento sta riscoprendo un patrimonio di cui s'era persa quasi la memoria. Gli occhi non si erano mai spinti fin lassù. A dodici metri d'altezza, sfiorando le volte titaniche. Un angolo poco noto del Colosseo, passato inosservato a milioni di visitatori.
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Siamo sul lato Nord (verso via dei Fori Imperiali). A pochi metri, l'abbacinante affaccio sull'arena. Ma qui, in silenzioso lavoro certosino, riemerge un capitolo nuovo della storia dell'Anfiteatro Flavio. Tutto è partito da un'indagine su carte e documenti: «Abbiamo recuperato i disegni cinquecenteschi eseguiti dalla scuola di Raffaello - racconta Federica Rinaldi responsabile del Colosseo - soprattutto da parte di Giovanni da Udine, vissuto tra il 1487 e il 1561, uno dei più brillanti allievi del Divin pittore. È stata la sua opera a guidarci per ritrovare e reinterpretare questo patrimonio eccezionale».
Laser e sonde
Il Colosseo, dunque, aveva sistemi di percorrenza studiati anche attraverso gli apparati decorativi. Non a caso, tra le figure che animano i registri sulla volta e le pareti, compaiono ora scene complesse riconducibili a cerimonie di premiazione. Forse, gli stessi ludi gladiatori. A dodici metri d'altezza, il ponteggio è un laboratorio di tecnologia e professionalità. Sotto l'occhio attento della restauratrice Giorgia Galanti (della Cooperativa Fabrica), si curano gli stucchi con il laser e le indagini endoscopiche con sonde a fibre ottiche. Una fucina delle meraviglie: «Tra le porzioni più alte e quelle più basse spicca una differenza stilistica - commenta Angelica Pujia, direttore operativo - Una possibilità è che il gigantismo delle figure più alte sia dovuto alla necessità di garantire una lettura migliore dal basso verso l'alto. Alcuni dettagli nelle cornici, nei cassettoni e nelle figure degli Amorini, però, sembrerebbero spostare la datazione verso l'età Severiana e quindi attribuire parte degli stucchi alla fase di restauro che il Colosseo ha avuto dopo i grandi incendi documentati dalle fonti».
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