In quasi un caso su due le imprese del Lazio non riescono a trovare il lavoratore giusto per il posto giusto. Nella Regione, a luglio di quest’anno, il 48% della domanda di lavoro è risultato difficile da soddisfare: +5,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questa condizione si sente un po’ meno a Roma, dove la difficoltà è per un caso su tre (il 33%). L’analisi di Confartigianato Roma fa emergere un quadro molto variegato: «In diversi comparti della manifattura allargata, nel Lazio e a Roma, la quota di difficoltà di reperimento arriva ad una posizione su due: metallurgia e prodotti in metallo, apparecchiature elettriche ed elettroniche, ottiche e medicali, macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, legno e mobili - commenta il presidente dell’associazione di categoria, Andrea Rotondo - Stesso discorso per le costruzioni, per la riparazione di autoveicoli e motocicli, per i servizi informatici e delle telecomunicazioni, per trasporto, logistica e magazzinaggio.
Le altre professioni a vocazione artigiana, dove si registra una quota di difficoltà di reperimento intorno al 50% sono conduttori di mezzi pesanti e camion, muratori, elettricisti, tecnici della vendita e della distribuzione, idraulici, acconciatori, riparatori di automobili, conduttori di automobili, furgoni e altri veicoli, installatori e riparatori di apparati elettrici ed elettromeccanici, tecnici programmatori». Rotondo spiega che «sono difficili da trovare i due terzi delle entrate di progettisti e amministratori di sistemi, analisti e progettisti di software, intonacatori, specialisti di saldatura elettrica, operai addetti a macchinari». La crisi demografica, determinata da denatalità e invecchiamento della popolazione, si riverbera sul mercato del lavoro. Oltre al trend demografico, interferiscono altri fattori. L’adeguatezza del candidato conseguente al percorso scolastico e formativo svolto: se più del 30% delle entrate sono di difficile reperimento per mancanza di candidati, quasi l’11% lo è per preparazione inadeguata dei candidati. I ragazzi hanno cambiato le loro aspettative professionali. «Le imprese, in particolare quelle micro e piccole, stanno adottando diverse misure per attrarre i lavoratori giovani che hanno profondamente modificato la percezione del posto di lavoro e sono meno orientati ad un lavoro manuale e impegnativo - prosegue Rotondo - Il fenomeno rende problematico il ricambio generazionale dei lavoratori dell’impresa e il trasferimento delle competenze dalle figure senior a quelle junior, rischiando di dissipare le tecniche manuali alla base del “saper fare” che connota il made in Italy».
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L’APPEAL
Manca l’appeal di quelle che oggi verrebbero inserite nelle liste dei mestieri “di una volta”. “La nostra attenzione è focalizzata anche sui settori che sono diventati scarsamente attraenti per i nuovi imprenditori - commenta Luca Barrera, segretario Cna Roma - Da dati ufficiali i mestieri artigiani meno presi in considerazione dai giovani sono quelli dei falegnami, meccanici, calzolai e carrozzieri. Queste attività imprenditoriali sopravvivono in parte grazie all’imprenditoria straniera». «A questa perdita di alcuni mestieri, si aggiunge anche un altro tema: nei mesi recenti le nostre imprese dell’edilizia e dell’impiantistica hanno visto frenata la loro crescita dalla mancanza delle necessarie figure professionali - aggiunge - Si tratta di un problema trasversale perché è rilevato anche dagli imprenditori che operano nei settori del turismo, dell’accoglienza e della ristorazione».