Roma, la moglie muore in clinica e il funerale diventa un'odissea. Il marito: «Non c'era una chiesa disponibile». Poi la svolta

«A Don Bosco c’era la festa della Madonna e San Policarpo apre solo ai suoi parrocchiani»

Roma, la moglie muore in clinica e il funerale diventa un'odissea. Il marito: «Non c'era una chiesa disponibile». Poi la svolta
di Laura Bogliolo
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Domenica 8 Ottobre 2023, 22:33 - Ultimo aggiornamento: 10 Ottobre, 07:19

La morte, si sa, è sempre ingiusta. Ancor di più quando strappa via una mamma, una moglie e una nonna dopo una malattia devastante come l’Alzheimer. Diventa quasi uno sgarbo, poi, quando si deve correre per il quartiere dove si è nati, cresciuti e invecchiati, incassando i dolori di una vita, perché non si trova la chiesa dove celebrare il funerale. «Antonietta era l’amore della mia vita, oggi avremmo festeggiato 56 anni di matrimonio». La voce da romano verace non riesce a nascondere il dolore per l’ultima lotta fatta per la moglie, deceduta giovedì 28 settembre alle 23,45. «Mi hanno detto che il funerale si poteva fare dopo 24 ore, sabato quindi - spiega Renato Quadraccia, 80 anni - dopotutto mia moglie è morta in una casa di cura e dovevamo portarla via, anche perché lì non erano attrezzati e poi dopo una certa ora non ti fanno più entrare, non avremmo potuto starle accanto. Domenica, poi, so che i funerali non si fanno e non potevamo aspettare fino a lunedì». 

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LA CORSA
Antonietta e Renato, due figli, tre nipoti, vivono da sempre a Don Bosco e la loro parrocchia è quella di San Giovanni Don Bosco, in viale dei Salesiani. «Mio genero quindi è andato in chiesa».

Lì, la brutta sorpresa. «Ci hanno detto che non si potevano celebrare funerali perché c’era un grande evento che sarebbe durato fino a metà ottobre». Sabato 30 settembre, infatti, nella parrocchia è arrivata «la statua della Madonna di Fatima che venne scolpita seguendo le indicazioni della Serva di Dio suor Lucia dos Santos, la pastorella a cui nel 1917 apparve la Vergine» si legge sul sito della chiesa. Sabato mattina nella parrocchia erano già previsti un funerale e un battesimo, il pomeriggio invece c’erano i preparativi per la festa. Non era disponibile neanche la cripta che doveva ospitare i pellegrini di Taizè, il funerale si poteva fare lunedì. «Abbiamo provato a spiegare la situazione dicendo che siamo di questa parrocchia, Antonietta era morta in una casa di cura che non era attrezzata per tenerla». Renato incassa la brutta notizia, ha tanta rabbia.

Sempre insieme al genero, mentre la figlia va in un’altra chiesa, si rivolge alla vicina parrocchia di San Policarpo: si trova nello stesso quadrante, dall’altra parte della Tuscolana e dista appena 900 metri dalla casa di Renato. «Hanno detto che celebrano i funerali soltanto dei fedeli che appartengono a quella chiesa. Abbiamo provato in tutti i modi a spiegare i problemi che c’erano stati a Don Bosco e la necessità di celebrare il funerale visto che mia moglie non si trovava in ospedale: ma non c’è stato nulla da fare».

«Il nostro è un quartiere molto popoloso e anziano - spiega don Claudio, parroco di San Policarpo - lo so, è brutto, ma purtroppo abbiamo dovuto adottare la regola secondo la quale spesso celebriamo solo i funerali dei nostri parrocchiani se abbiamo poco spazio. Infatti, se quel giorno avessimo dovuto celebrare il funerale di uno dei nostri parrocchiani, come avremmo potuto dirgli di no? È orribile dirlo ma è una questione di logistica». Renato stremato, chiede alla figlia di andare in un’altra chiesa (la Parrocchia Santa Maria del Buon Consiglio), mentre il genero va a viale Spartaco, nella chiesa dell’Assunzione di Maria. «Ho detto a mio genero di dire che Antonietta per 25 anni ha abitato lì...».

Poi la telefonata liberatoria: «A viale Spartaco hanno subito accettato, hanno capito la situazione, sono stati gentilissimi e sabato alle 15 abbiamo celebrato il funerale». Ma la rabbia è ancora tanta. «Mia moglie non meritava questo: abbiamo perso un bambino quando aveva tre anni e credevo che la vita si fosse già abbastanza accanita con lei, poi il maledetto Alzheimer». Infine le difficoltà di celebrare i funerali. «A un certo punto ho pensato di arrendermi e di rinunciare alla messa, perché dopotutto mia moglie non aveva bisogno dell’omelia per andare in Paradiso...». «Così come ero preparato alla morte di mio figlio, malato da tempo, lo ero anche per quella di mia moglie: ero sereno, ma l’odissea vissuta per i suoi funerali ha profondamente addolorato e deluso me e la mia famiglia».

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