Carceri, malore a Regina Coeli: detenuto
di 82 anni muore dopo 2 giorni di agonia

Carceri, malore a Regina Coeli: detenuto di 82 anni muore dopo 2 giorni di agonia
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Martedì 15 Ottobre 2013, 14:41 - Ultimo aggiornamento: 22:25
Un detenuto di 82 anni recluso nel carcere di Regina Coeli, a Roma, morto dopo due giorni di agonia all'ospedale Santo Spirito della capitale, dove era stato ricoverato a seguito di un malore. Due settimane fa il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto la richiesta di differimento della pena - per omicidio - per motivi di salute. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni in un un comunicato, ricordando che si tratta del 15esimo decesso nelle carceri della regione dall'inizio dell'anno.



L'uomo si è sentito male all'interno della sua cella - racconta Marroni - Subito soccorso e trasportato al Santo Spirito, è morto dopo due giorni. «Due settimane fa - ha detto il Garante - il Tribunale di Sorveglianza aveva rigettato la richiesta, presentata dai legali, di differimento della pena per motivi di salute. L'uomo, 82 anni, era affetto da gravi patologie ed era anche stato colpito da ictus. Forse bisognerebbe riflettere sul fatto che una persona con questo quadro clinico ed anagrafico avrebbe dovuto scontare la sua pena in una struttura diversa dal carcere e maggiormente adatta alle sue condizioni». La vittima, S. C., aveva un fine pena previsto nel 2026. Nel 2005 a 75 anni di età, in preda ad una crisi depressiva dovuta alla sua situazione finanziaria, in quello che fu definito «il suo giorno di ordinaria follia», aggredì una coppia a cui aveva venduto l'appartamento e la falegnameria che gestiva: uccise l'uomo e ferì gravemente la donna. Nel corso della sua detenzione S.C. era stato anche a Rebibbia. Non aveva contatti con l'esterno se non qualche saltuario colloquio con un anziano fratello. Dei 15 morti registrati nelle carceri del Lazio da gennaio, cinque sono stati i suicidi, quattro i decessi per malattia e cinque per cause da accertare. Al computo va aggiunta anche una donna che lavorava come infermiera a Rebibbia, conclude Marroni.
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