Roma, timbravano il cartellino e andavano al bar, la Procura: «Processate i furbetti del museo»

Roma, timbravano il cartellino e andavano al bar, la Procura: «Processate i furbetti del museo»
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Sabato 26 Novembre 2016, 08:09 - Ultimo aggiornamento: 27 Novembre, 14:38

L'INDAGINE
C'era chi si assentava dall'ufficio per dedicarsi alle scommesse sportive. E c'era anche chi abbandonava la scrivania per dare una mano nel negozio di famiglia. C'era poi chi continuava a percepire lo stipendio pur collezionando ore di gozzoviglio seduto al tavolino del bar, o sbrigava in orario di servizio mansioni domestiche arretrate. E' il gruppo di dipendenti fannulloni del Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari di Roma, in piazza Marconi. Sono in tutto otto, il pm Stefano Fava ha chiesto il loro rinvio a giudizio con accuse che vanno, a seconda delle posizioni, dalla falsità materiale e ideologica alla truffa ai danni dello Stato, fino alle false attestazioni e certificazioni. Per gli inquirenti, per quasi un mese, gli imputati avrebbero timbrato il cartellino in entrata, per poi fuggire dal posto di lavoro e farvi ritorno dopo qualche ora o addirittura a fine turno. Nei casi più gravi, non si sarebbero nemmeno presentati all'ingresso e avrebbero convinto i colleghi a passare al loro posto il badge elettronico.
LA DENUNCIA
L'inchiesta è scattata alla fine del 2014, dopo la denuncia di un dipendente integerrimo. E' entrata nel vivo qualche mese dopo, nel febbraio 2015, quando i carabinieri del Comando provinciale hanno iniziato a controllare gli imputati con appostamenti mirati e con telecamere piazzate dentro e fuori il museo. Lo scorso gennaio, per i presunti furbetti è scattata la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio dei pubblici uffici per un anno. Dagli accertamenti è emerso che il capofila degli assenteisti, per l'accusa, è Roberto Fabriani. Si sarebbe allontanato dall'ufficio per andare in sala scommesse.
Nei suoi confronti il gip Massimo Lauro, accogliendo la misura proposta dalla Procura, era stato categorico: «Dopo avere con condotta fraudolenta attestato l'inizio del servizio timbrando il badge elettronico, si allontanava dalla sede senza timbrare l'uscita, per dedicarsi al disbrigo di faccende private o per divago presso centri scommesse, e rientrandovi solo al termine del turno per attestare falsamente il fine servizio». Roberta Scoponi, assunta con la qualifica di «assistente tecnico», era stata sorpresa in orario d'ufficio a lavorare come commessa nel negozio di frutta del marito in zona Tintoretto. A rischio processo anche Raffaella Bagnoli, Maurizio De Gregorio, Maria Giovanna Rita, Walter Rossi Gandin, Stefano Sestili, Marina Innocenzi e Claudia Graziosi.
LA TRUFFA
Per quanto riguarda l'accusa di truffa, come si legge negli atti della Procura, gli imputati «compiendo falsi, artifici e raggiri» avrebbero intascato stipendi e contributi non dovuti, «con corrispondente danno dello Stato». Per la direttrice del museo, Maura Picciau, inizialmente indagata insieme ai suoi dipendenti, è stata chiesta l'archiviazione. La dirigente era accusata di aver compiuto «azioni e omissioni» con le quali «dolosamente non ha impedito» che i furbetti si assentassero.
Michela Allegri
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