I furbetti del museo all'Eur, febbre da gioco e doppio lavoro: la vita a scrocco dei custodi infedeli

I furbetti del museo all'Eur, febbre da gioco e doppio lavoro: la vita a scrocco dei custodi infedeli
di Laura Larcan e Alessia Marani
3 Minuti di Lettura
Sabato 9 Gennaio 2016, 00:01 - Ultimo aggiornamento: 11 Gennaio, 10:51

Da una parte l’ossessione per il gioco diventata irresistibile; dall’altra il richiamo del senso del dovere ma non nei confronti dello Stato che le aveva dato un posto di lavoro e uno stipendio, ma degli affari di famiglia. Tra i nove dipendenti infedeli denunciati per truffa e falso ideologico e sospesi dall’attività pubblica per un anno, ecco spuntare i casi di Roberto Fabriani, 66 anni, qualifica “addetto di supporto” e un lontano precedente per tentata rapina, e Roberta Scoponi, assistente tecnico di 54 anni.

Il primo di passare tutte le giornate al lavoro (il Museo delle Arti e Tradizioni popolari dell’Eur è aperto dal martedì alla domenica dalle 8,30 alle 19,30) non ne voleva proprio sapere. E così è stato pizzicato dai carabinieri nella sala della Snai a scommettere sulle partite di calcio in pieno orario di servizio. Altre volte aggiungeva anche un giretto per fare la spesa. «Dopo avere con condotta fraudolenta attestato l’inizio del servizio timbrando il badge elettronico - scrive il gip Massimo Di Lauro nell’ordinanza - si allontanava dalla sede lavorativa senza timbrare l’uscita per dedicarsi al disbrigo di faccende private e/o per divago presso centri scommesse e rientrandovi poi solo al termine del turno per attestare falsamente il fine servizio». 

NEL MIRINO
Il dipendente infedele viene monitorato dal 3 al 24 febbraio 2015 e il 25 quando, dopo avere timbrato alle 7.17, per l’ennesima volta, stava lasciando l’edificio di piazza Marconi, viene arrestato in flagranza. Ma poi rilasciato dopo la direttissima e subito reintegrato al lavoro. In tutto viene sorpreso ben diciassette volte a timbrare il cartellino d’entrata e poi lasciare il posto di lavoro come se nulla fosse. Un esempio: l’11 febbraio passa il badge alle 7.37, ritimbra il cartellino d’uscita alle 15.47. Invece i carabinieri verificano che si assenta dal Museo dalle 7.38 alle 15.42. Il 19 febbraio a fronte dell’orario di servizio attestato falsamente con inizio alle 7.15 e fine alle 15.41, si assenta in maniera continuativa dalle 7.15 alle 15.32. 

AFFARI DI FAMIGLIA
Se Fabriani fa tutto da solo, Roberta Scoponi si avvale della complicità dei colleghi Walter Rossi Gandin, 48 anni, addetto ai depositi e Stefano Sestili, 62 anni, assistente tecnico, per svignarsela dalle sale museali e andarsene nella frutteria del marito, nel vicino quartiere del Tintoretto, a dare una mano dietro al bancone. Gli uomini del nucleo operativo del tenente Stefano Scollato documentano tutto, anche attraverso i filmati. A proposito dei tre il gip Di Lauro scrive: «Dopo essersi alternati nell’attestare falsamente l’inizio del servizio con il badge, si allontanavano dalla sede lavorativa, senza timbrare l’uscita, per dedicarsi al disbrigo di faccende private e come nel caso della Scoponi, per svolgere mansioni di commessa in attività commerciale del marito». In particolare Gandin Rossi più volte passa il badge al posto della Scoponi in entrata: il 6 febbraio per esempio timbra per lei alle 8.37 quando invece entra solamente alle 11; il 13 febbraio timbra alle 8.53 quando lei arriva alle 11.07. Timbrarsi i cartellini a vicenda, del resto, al Museo dell’Eur per alcuni era la prassi. Come per gli amministrativi Maurizio Di Gregorio, 58 anni, Raffaella Bagnoli, 44 anni, e Maria Giovanna Rita, 65 anni, i quali «si avvicendavano analogamente per attestare il fine servizio». O di Claudia Graziosi, 57 anni, e la collega Marina Innocenzi. Un “giochetto” che permetteva loro di ritagliarsi tempo libero a fronte di uno stipendio pieno e «immeritato».

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA