Caso Rebibbia, la madre dell'evaso: ha perso la testa

Caso Rebibbia, la madre dell'evaso: ha perso la testa
di Adelaide Pierucci
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Martedì 16 Febbraio 2016, 08:41
Piange, singhiozza, si dispera: «Voleva ammazzarsi, invece è scappato. Spero che torni». Helena, la madre di Florin Mihai Diaconescu, il ventottenne romeno evaso domenica dal carcere di Rebibbia con un compagno di cella, Catalin Ciobanu, non si dà pace. «Ha fatto una pazzia - ripete in lacrime - Era disperato, ripeteva in continuazione: “Mi ammazzo, mamma. Non ce la faccio più a vivere in galera”. E invece è fuggito aggravando la sua posizione. E lasciando noi nell'angoscia, nella disperazione». «Da un mese - continua la donna, 45 anni, vedova, e madre di quattro figli - Florin aveva perso ogni speranza. Da quando ha saputo che il suo fine pena era slittato al 2021, non faceva altro che piangere. I nostri colloqui in carcere erano diventati drammatici. Lui mi diceva: “Sappi mamma che non ce la faccio a stare ancora dentro, la faccio finita”. Ed io per tenerlo a freno gli dicevo: “Non mi puoi dare pure questo dolore. Se ti fai del male, m'ammazzo anch'io. Invece così, è evaso, cancellando con un colpo di spugna la sua buona condotta».

LA STORIA
«Era in carcere dal 2009 - prosegue Helena Diaconescu - Lo hanno arrestato che aveva appena compiuto 19 anni, per una rapina, da quanto mi risulta in cui è stato coinvolto da gente più grande. “Ho sbagliato, mi perdonino, quanto devo pagare?”. Lo hanno preso che aveva solo un telefonino in mano. In primo grado aveva avuto una pena pesante, ma pensava di dover rimanere in carcere al massimo ancora un anno. Ha passato anni ad aspettare quel giorno. E poi è arrivato un nuovo dispositivo, il fine pena, e a lui, a noi, è crollato il mondo addosso». In realtà il giovane, assistito dalla fase esecutiva dall'avvocato Gianluca Nicolini, doveva scontare un cumulo di pene, per altri reati, come furto, rapina e resistenza a pubblico ufficiale, complessivamente per otto condanne.

L'ULTIMO INCONTRO
Helena Diaconescu ha incontrato l'ultima volta in carcere il figlio giovedì, tre giorni prima dell'evasione. «Gli ho portato da mangiare dei piatti romeni. Ma lui era come sempre nervoso, stravolto - ricorda la donna - Piangeva. Ma io, in cuor mio, speravo che man mano riuscisse a farsi coraggio. Allora ho cercato di rincuorarlo, gli ho detto che forse c'era stato un problema giudiziario. Comunque ci siamo lasciati con una promessa, che ci saremmo rivisti il lunedì. «Porta le mie nipotine all'area verde», mi ha detto. È affezionatissimo alle figlie della sorella, una di pochi mesi, l'altra di quattro. Invece domenica notte abbiamo ricevuto la visita della polizia nel nostro appartamento alla Borghesiana. Da allora piango e basta. Mi sto abbandonando». «Fare un appello per farlo costituire? Uno che scappa dà retta alla madre? È senza un euro, vedrà i giornali? E chi gliel'ha mai potuti portare in carcere... Solo scarpe e cibo. Spero che torni, questo sì».

IL COMPAGNO
Catalin Ciobanu, 36 anni, l'altro fuggitivo di Rebibbia, era atteso oggi a piazzale Clodio. Davanti al gup Costantino De Robbio era stato fissato il giudizio in abbreviato, sollecitato per lui dal legale, l'avvocato Andrea Palmiero. Ciobanu rispondeva di sequestro di persona con conseguente morte (per infarto) della vittima. Ma lui, a due giorni dal giudizio, prevedendo una condanna, ha preferito segare le sbarre e calarsi con le lenzuola portandosi dietro Florin, uno dei compagni di cella.