Baby squillo, Ieni dopo la sentenza: «Ora ho paura, non sono un mostro»

Baby squillo, Ieni dopo la sentenza: «Ora ho paura, non sono un mostro»
di Alessandro Di Liegro
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Mercoledì 2 Luglio 2014, 07:49 - Ultimo aggiornamento: 19:09

Ore 15,45 di nuovo il buio. Ha pianto, Mirko Ieni, appena appresa la sentenza emessa dal giudice Costantino De Robbio.

Ha pianto e iniziato a scrivere delle sue emozioni, contrastanti, per la condanna a dieci anni di reclusione che, però, poteva essere più lunga se il Gup avesse accolto in pieno le istanze del procuratore aggiunto Maria Monteleone e del pm Cristiana Macchiusi. È mancato il tempo necessario per far emergere la verità sul ruolo di Mirko nell'organizzazione, dicono i familiari, che si sono stretti intorno a lui, specie al momento della lettura della sentenza. Cercavano di confortarlo, di dirgli che «sei anni in meno sono tanti, che all'appello si ricomincia da zero, basta solo aspettare un po'».

Per Mirko, invece, le 15.45 sono il momento in cui sprofondare di nuovo nel buio. «Cari miei - scrive ai familiari - Sentirsi dire: mostro, sfruttatore, ancora una volta in tutte le tv è un'onta infame e infamante per me e la mia famiglia», afferma in stampatello blu su carta. «Dieci anni sono tanti, troppi», la verità, secondo Mirko, non è quella emersa dalle carte processuali, mentre le frasi di suo pugno si costellano di se: «Se solo avessi saputo che erano minorenni tutto questo non sarebbe successo»; «Se fossi stato meno ingenuo»; «Se non avessi sbagliato a fidarmi». Perché se c'è una colpa, per Mirko, è proprio quella di «aver detto troppi sì con superficialità a coloro che non vedo come nemiche da combattere ma come parte della mia vita, che è sempre stata vissuta nel rispetto di tutti».

«ACCUSE DISTORTE»

Per le due ragazze, le baby squillo, non ci sono parole di odio, anzi. Piuttosto c'è un'annotazione, scritta in fondo alla prima delle due pagine del manoscritto: «E' cresciuto tutto su una menzogna, che non è la mia». E, inoltre: «Mi stanno giudicando di false accuse e comunque distorte». Ieni si inserisce nella vicenda, cronologicamente, a luglio, mentre il primo annuncio delle ragazze è datato maggio. Anche l'affitto dell'appartamento ai Parioli pare essere antecedente all'incontro su quel sito di annunci dove i tre si prostituivano. «Non ho mai mentito – scrive - non ho mai nascosto nulla, sono sempre stato sincero e diretto».

«SONO SPAVENTATO»

Nessuna parola per gli altri condannati, Ieni vive da solo la sua vicenda processuale non senza sentimenti di sconforto: «Io un mostro, io l’uomo socialmente pericoloso? Dieci anni è un suono che rimbomba assordante nella mente. Sono incredulo, spaventato, ho paura di essere riconosciuto nella vita come l'uomo da temere quando sono sempre stato quello da amare». E’ preoccupato per i suoi familiari. «Perdonatemi, e perdonate coloro che mi stanno infangando». Ora è a casa, Mirko Ieni, ad attendere il proseguimento del processo ai domiciliari, insieme ai genitori. Ai quali, nella lettera, chiede perdono. Non tanto per le accuse che gli vengono attribuite ma per il trattamento che i media e i giudici gli stanno riservando. Chiude la missiva con una esortazione a se stesso: «Gli ostacoli sono la nostra forza, ti fanno crescere e donano soddisfazione al loro superamento». Il primo è andato, ora lo attende la lettura delle motivazioni della sentenza, fra novanta giorni.

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