Virginia contro Raggi, grana sul caso Marra

Raggi
di Simone Canettieri
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Sabato 18 Novembre 2017, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 09:57

«Che fare?». Il dossier è spinoso, al punto che è stato già secretato dall'Avvocatura del Campidoglio. Da una settimana la Procura ha inviato al Comune, oltre che alla diretta interessata, «l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare ai fini della delibazione della richiesta di rinvio a giudizio». In poche parole, i magistrati chiedono all'amministrazione della Capitale se vuole costituirsi parte civile o meno contro la sindaca di Roma Virginia Raggi, in vista dell'udienza preliminare fissata il 9 gennaio, per un eventuale risarcimento in caso di condanna.

Un cortocircuito politico-amministrativo che rappresenta un unicum nella storia di Palazzo Senatorio. L'ultimo precedente famoso riguarda Silvio Berlusconi e la decisione dello scorso maggio dell'Avvocatura dello Stato di costituirsi parte civile nel processo Ruby-Ter. Questo caso però è diverso: la grillina, accusata di falso per le nomine, è attualmente in carica.

LE MOSSE
E quindi la decisione sta mettendo in imbarazzo la giunta pentastellata che è pronta a parlarne in una riunione straordinaria ad hoc. Il fascicolo, dal punto di vista tecnico, è nelle mani di Carlo Sportelli, il capo dei legali capitolini. Il problema al momento è semplice: come muoversi? Il Comune di Roma è davvero pronto a chiedere un eventuale risarcimento alla sindaca, cioè all'autorità che lo rappresenta? La situazione, stile Kramer contro Kramer, è abbastanza paradossale. Raggi, per una questione di opportunità, potrebbe solo delegare al vicesindaco Luca Bergamo la firma dell'atto. Come d'altronde è già avvenuto per la vicenda Marra-Scalpellini, che non la riguardava direttamente. Al massimo la lambiva.

In questa fattispecie però il problema è ancora più complesso e delicato. Raggi deve scegliere se far costituire subito l'amministrazione contro lei stessa oppure se aspettare il rinvio a giudizio e l'inizio del processo: in quel caso c'è tempo fino a un eventuale prima udienza del dibattimento.

LE CARTE
Di solito, l'avvocatura comunale quando è parte offesa scende subito in campo per rafforzare così la richiesta dei pubblici ministeri davanti al gup. Sarà così anche questa volta? Ma non finisce qui. L'atto in questione ha bisogno, secondo la delibera 182 del 2001, anche di una determina dirigenziale. Si tratta del regolamento che mette ordine nelle liti attive «dell'amministrazione». Il parere burocratico, secondo una certa consuetudine, deve arrivare dall'ufficio o dipartimento dove si sarebbe consumato il reato.

I TEMPI
Quindi trattandosi delle nomine di Virginia Raggi l'attenzione ricade proprio sul gabinetto del sindaco. Un ufficio che al momento però non ha ancora un capo (manca dalle dimissioni del giudice Carla Raineri datate settembre 2016) e che è retto dalla vice Gabriella Acerbi e da altri tre dirigenti.

Vista così la matassa non è proprio semplice da dipanare: per la prima volta c'è il rischio di una netta dissociazione istituzionale. Da una parte il Comune di Roma, dall'altra la massima autorità politica che lo amministra. Una gatta da pelare con moltissima cura visti gli attori in campo: anche la Procura, naturalmente, è interessata da questa decisione.

Nel dubbio la decisione presa dalla pentastellata per il momento è chiara e non inedita: la Raggi aspetta a decidere. Prima il ballottaggio di Ostia poi, semmai, quello contro se stessa. Ma intanto il tempo scorre e non è escluso che proprio da M5S qualcuno le chieda un atto di trasparenza. Virginia contro Raggi?

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