L'ira (postuma) di Marino contro tutti: ecco i nemici tanto amati dall'ex sindaco scrittore

Ignazio Marino
di Simone Canettieri
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Mercoledì 30 Marzo 2016, 14:51 - Ultimo aggiornamento: 18:01

A essere ingenui, a voler fare i marziani, avrà fatto un errore di valutazione. E anche bello grosso. L'Ignazio Marino che ora si sente al centro di una congiura planetaria e grilleggia a più non posso (nel senso del Marchese di Alberto Sordi più che del M5S) - come emerge dal suo libro Un marziano a Roma - è lo stesso che con le persone che attacca ci è andato a braccetto, le ha difese a spada tratta, si è coperto sotto il loro mantello. Ha vantato in pubblico «totale condivisione», parlando la loro lingua, come nel miglior Zelig.
 



La galleria degli ex amici da c'eravamo tanto amati è abbastanza lunga e variegata. Il primo è Matteo Renzi il bersaglio grosso della fatica letteraria del professore. «E' lui che mi ha licenziato: il premier non ama Roma, parli dei suoi scontrini quando era sindaco di Firenze». Un travaso di bile, politico e personale, che stona con la voglia di essere «il più renziano dei renziani» quando la crisi non si era affacciata in Campidoglio. Quando era tutto un grazie Palazzo Chigi per il piano di rientro o «la mia linea sulle società municipalizzate è condivisa dal Governo». Un amore (mai sbocciato) unito dalla passione di Ignazio e Matteo per la bici, dovevano passeggiare insieme lungo i Fori Imperiali, adesso Marino attacca Renzi per avergli bucato le ruote.


Poi c'è Nicola Zingaretti, il governatore che per un intreccio del destino non si candidò sindaco per un pelo. I due hanno sempre evitato di farsi vedere in pubblico più di tanto. Ma anche qui, nelle dichiarazioni ufficiali, l'ex primo cittadino ha sottolineato in più di un'occasione «l'unione con Nicola strategica per Roma». L'ultima volta la scorsa estate all'Expo al Palazzo Italia, a Milano. Prima c'erano state anche un paio di cene abbastanza segrete al di là degli incontri istituzionali. E adesso?  Nelle memorie di Ignazio ce n'è anche per il presidente: «Vuole fermare lo stadio della Roma», è l'accusa. Risposta: «Marino fa polemiche, noi facciamo cose concrete». E anche qui un'altra giravolta del marziano.

Ancora psicologicamente più intrigante è il rapporto tra l'ex primo cittadino e Matteo Orfini, entrambi poco lineari nei rapporti. Una relazione complessa, si direbbe su Facebook. Il commissario del Pd è passato dal dire chi «sta contro Marino sta con la mafia» alla stroncatura editoriale di oggi: «Non recensisco romanzi fantasy». In mezzo la crisi del Comune. I due, entrambi con dna più o meno dalemiani, si sono amati un'estate. Il sindaco era in America e succedeva il mondo a Roma? Il commissario lo difendeva a spada tratta. Tanto che Ignazio lo ringraziava così: «Il commissario è con me, quindi il Pd è con me». Anche qui più turco dei giovani turchi.


Nella carrellata entrano a vario titolo anche Marco Causi, parlamentare e vicesindaco per qualche mese, che è passato nella grammatica sentimentale marinista da essere «una garanzia» a colui che gli avrebbe consigliato di «staccare il cellulare e scappare in America», tipo Celestino V, nel corso dell'ultima drammatica riunione a casa di Causi all'Ostiense.

E' questo il fantastico mondo di Ignazio, un luna park dove si passa dall'otto volante alla casa dell'orrore in pochi battiti d'ala. Ne sanno qualcosa Lorenzo Guerini («Ho parlato con Lorenzo: è con me, mi dice di andare avanti»), vicesegretario del Pd per finire con Luca Cordero di Montezemolo e Giovanni Malagò, gli architetti della candidatura olimpica 2024. In questa damnatio memoriae molto postuma l'unico a salvarsi è Papa Francesco che non lo invitò in America, ma lo scorso 1 febbraio lo ha ricevuto in Vaticano. D'altronde non siamo in pieno Giubileo della Misericordia?










 

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