Serpeggiano i papelli contro Raffaele Marra, l'inamovibile (ma fino a quando?) e odiato uomo forte della sindaca, dove si mettono in dubbio i suoi titoli professionali e si ripercorrono velenosamente le gesta negative e le capriole politiche e così altri dossier riguardano il sodale suo e della Raggi, Salvatore Romeo, capo della segretaria di Virginia. Quello che, negli anfratti del palazzo senatorio, come una sorta di Rasputin viene considerato. Non che spaventi i portieri o gli inservienti del Campidoglio, che sono abituati a tutto e non si sconvolgono in questo clima da basso impero: «Loro passano - dicono rivolti ai grillini d'ogni fazione - mentre noi sempre qui resteremo». E comunque, Rasputin - che plagiò la zarina Alessandra di Russia - alla fine fu avvelenato nel palazzo dei Romanov. Romeo e chiunque altro, e almeno questa è una consolazione, questo rischio non lo corrono affatto.
Nella faida delle carte contundenti, la fazione Virginia si difende facendo girare insinuazioni e malignità contro Alessandro Solidoro, che s'è appena dimesso polemicamente da amministratore delegato dell'Ama, dove si possono leggere storie del tipo: stava su quella poltrona non per merito ma solo perché ai tempi fu compagno di università di Minenna. Tutti vorrebbero processare tutti - questo del resto è un tic primordiale dei grillini - e se un assessore viene visto parlare con un giornalista ci sarà qualcuno dietro l'angolo pronto a riferirlo al Cerchio Magico della Raggi: tizio o caio sta tradendo. E le liste di proscrizione si allungano. Ci finirà dentro perfino Marra? Lui sta blindato e inaccessibile ai più, ma chi riesce a intravederlo sussurra: «I veri traditori saranno quelli come lui. Quando vedranno che Virginia non ha più chance, cominceranno a guardarsi intorno, per vedere a chi offrirsi». L'ombra di Iago - ma questo non è grande teatro elisabettiano - si aggira insomma in tante fattezze spesso inventate e supposte e chissà chi sarà capace di fare alla Raggi ciò che riuscì al personaggio scespiriano: destituire il luogotenente Cassio dalla sua carica.
OFFERTE
Partono di nascosto telefonate a qualche cronista amico cui viene offerto di tutto: vuoi un papello su Daniele Frongia (vice-sindaco super-virgineo) o su Paolo Ferrara (capogruppo 5 stelle non allineato al Raggio Magico)? E come lo vuoi: di tipo small, medium, large o XXL? C'è la sorella di Marcello De Vito, presidente pentastellato dell'aula Giulio Cesare, nemico storico del tandem Raggi-Frongia e secondo alcuni oggetto di dossieraggio interno nella passata consiliatura, che di fronte a questo clima hard ha postato su Facebook contro i nemici del fratello: «Sono senza parole». Ma le parole le ha trovate, oltre che per descrivere la Raggi come una donna manipolata dai marpioni che ha scelto, anche per attaccare Frongia: «Si circonda di amichetti di merende». E visto che il grand guignol diventa più succulento quando in mezzo ci sono parenti e familiari anche ex, rispunta il marito separato della Raggi e affila le armi via social Alessandro Severini: «Bisogna fare quadrato, gli squali sono in agguato».
Sembra di stare, in versione minuscola e tragicomica, in uno di quei polpettoni sulle congiure e il sangue (in questo caso metaforico) ai tempi dell'antica Roma. Anche se Cesare fu accoltellato nella curia di Pompeo e non in Campidoglio, che nell'Urbe era centro sacrale, e non politico, con il tempio di Giove, Giunone e Minerva. Spiega però Giuseppe Zecchini, professore di storia romana all'università Cattolica di Milano il cui ultimo libro è «Storia della storiografia romana» (Laterza): «Nell'età imperiale esisteva un Consilium Principis, istituito prima ma formalizzato sempre di più a partire da Adriano, che può essere considerato, giocando un po' con la storia, come una sorta di gabinetto della Raggi. Anche quello, come questo ma tutto a un livello infinitamente più alto dal punto di vista professionale e politico, ribolliva di inimicizie e di veleni». Per non dire di Cesare. «Aveva la sua cancelleria - incalza Zecchini - popolata da amici che in certi casi erano anche finti amici e nemici. Ma loro, al contrario di Marra o di Romeo, governavano il mondo e lo sapevano fare sennò il potere di Roma non sarebbe durato così a lungo».
AGGUATI
Intanto mentre si fa sera il palazzo senatorio tende a svuotarsi. Meglio mettersi in salvo in tempo da qualcuno che, acquattato dietro l'angolo, con l'aiuto dell'oscurità, può tendere il piede per fare - da pentastellato a pentastellato - lo sgambetto all'avversario. Tra gli assessori in subbuglio ci si chiede: «Qual è il vero rapporto politico che unisce la Raggi a Marra? Perché non lo ha ancora scaricato? Lo sta per fare?». E in questo sbandamento generale, ecco comparire all'orizzonte Flavia Marzano, assessore all'Innovazione che forse va via: «Come mi sento? Se vi crollasse il palazzo addosso, come vi sentireste?». I consiglieri e gli assessori fanno le loro riunioni, ma spesso le registrano: per evitare che le parole possano essere manipolate dal vicino di posto, da compagno di cordata in via di tradimento o dalla spia che le va a riferire alla sindaca distorcendole. I consiglieri, a parte i rari pretoriani di Virginia come Stefàno, o tramano o stanno a guardare o si abbattono: «Va tutto male». Accade che le correnti (politiche) diventano spifferi (di odio) e lo streaming - in questa casa degli spiriti che non è la «casa di vetro» promessa dai 5 stelle ai romani - va letto più che altro come stream: cioè scia, la scia del vogliamoci male. Nella quale la vittima più importante, naturalmente, è Roma.