Parole che Marina ha stampato su 300 volantini, consegnati ieri a L’Aquila, nei pressi dei punti vendita Carrefour, dove il marito lavorava come caporeparto nella macelleria. «Mio marito - continua la vedova - ha subito vessazioni, manipolazioni ed è stato sfinito e isolato. Viveva del suo lavoro, è stato come togliergli l’aria all’improvviso creandogli un vuoto interiore, principalmente da parte dell’azienda e di seguito da alcuni colleghi che eseguivano gli ordini dall’alto. Dietro l’azienda ci sono nomi e cognomi di persone che lo hanno svuotato fino a portarlo al gesto estremo. E’ stato massacrato psicologicamente».
MINUTO DI SILENZIO
Ieri, nel punto vendita dove Eleuteri lavorava, i colleghi hanno osservato un minuto di silenzio. «Lo hanno fatto perché sapevano che c’ero io - commenta la donna - ma la sua vicenda è stata dimenticata, in un’azienda dove si continua a vivere un clima irrespirabile. Testimonianza ne sono i lavoratori che si sentono male fisicamente e psicologicamente o che scelgono di andarsene. Due dei ragazzi che erano legati a Franco avevano chiesto ieri un giorno di riposo per essere presenti alla messa celebrata in suo ricordo a Vazia, invece il permesso non è stato concesso».
La donna, con la nuora e un altro familiare ha passato la mattinata davanti le due sedi aquilane di Carrefour, ha lasciato dei fiori, ha fatto mettere manifesti per ricordare Franco in diverse parti del capoluogo abruzzese, dove il marito era conosciuto e apprezzato. La famiglia, seguita dal legale Riziero Angeletti, attende che sia fatta giustizia. «Nessuno ci ha mai contattato per sapere come stiamo vivendo. Ma io lotterò fino alla fine dei miei giorni - aggiunge la donna che ha accanto i Cobas, uniti nella ricerca di verità e giustizia. - Dalla morte di Eleuteri - è passato un anno e due dipendenti sono stati licenziati in tronco, per motivi ancora da chiarire, mentre altri subiscono pressioni e controlli costanti».
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