Piemonte, la Lega in piazza per Cota. Salvini: «Chi ci tocca cominci a tremare»

Cota e Bossi
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Sabato 11 Gennaio 2014, 12:05 - Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 22:51

La prossima volta che toccheranno un leghista, mille, 2mila, 10.000 persone si mobiliteranno, pacifiche ma non tanto. Così Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, al comizio che ha chiuso il corteo a Torino contro la sentenza del Tar che ha annullato il voto in Piemonte. «Qualcuno dovrà avere paura, ma la paura fa bene», è la minaccia lanciata da Salvini. I militanti leghisti si sono radunati davanti alla sede del Consiglio regionale. Il corteo è aperto dallo striscione con le scritte. «Giù le mani dal Piemonte» e, sotto, #iostoconCota e #golpePiemonte.

Vertice il 25 gennaio, a Milano, della Lega Nord. «Si troveranno i governatori, gli assessori ed i consiglieri di tutte le regioni del nord», ha annunciato Salvini. «Quando ci fanno incazzare - ha detto - noi cominciamo a correre più forte».

La sentenza del Tar che ha annullato il voto del 2010 è un «attacco alla democrazia», sostiene uno dei due striscioni che apre la fiaccolata organizzata dalla Lega Nord. In prima fila Cota e il segretario federale del Carroccio, Matteo Salvini.

«Cota non si deve dimettere, anche tirando via i voti di quella lista vince lo stesso», ha detto il presidente della Lega, Umberto Bossi, parlando dell'annullamento delle elezioni regionali in Piemonte. Per Bossi la sentenza del Tar «è una cosa fuori dall'ordinario, sono passati tanti anni».

Il Carroccio insomma non ci sta. Dopo la clamorosa decisione di ieri del Tar che ha annullato le elezioni regionali in Piemonte in seguito ai ricorsi dell'ex presidente Mercedes Bresso del Pd, oggi nel centro di Torino ci sarà una fiaccolata per dire "Giù le mani dal Piemonte". Intanto l'ex sindaco Pd Sergio Chiamparino si candida: «Ora tocca a me».

«Questa sentenza del Tar è una vergogna, un sopruso, ma io non mollo: non è una questione personale, ma di difesa dei principi e della democrazia», ha detto Cota.

Il Tar ieri ha accolto, dopo quattro anni di tortuosa e snervante partita giudiziaria, il ricorso presentato dall'ex presidente Mercedes Bresso contro il risultato del voto che nel 2010 aveva attribuito lo scranno di governatore al leghista Roberto Cota: colpa di una lista, i "Pensionati per Cota", che fu determinante con i suoi 27 mila voti, ma che nella fase della raccolta delle candidature fu macchiata da irregolarità tali da portare il suo esponente, Michele Giovine, a una condanna (ormai definitiva) a due anni e

otto mesi.

La sentenza è immediatamente esecutiva ma è possibile rivolgersi al Consiglio di Stato per congelarne gli effetti. Una strada che lo stesso Cota, insieme al centrodestra, intende imboccare senza ritardi: «Andrò avanti. Chiedo giustizia. D'altra parte non vedo come il Consiglio di Stato possa confermare una decisione del genere». Il governatore incassa l'immediata solidarietà del segretario del Carroccio, Matteo Salvini, che definisce «un attacco alla democrazia e alla Lega» la pronuncia dei giudici torinesi e lancia per domani una fiaccolata dei militanti a Torino sotto lo slogan «Giù le mani dal Piemonte».

Per Cota la sentenza è «assurda e vergognosa». «Siamo in un Paese di matti: in nessuna parte del mondo si invalida un risultato elettorale dopo quattro anni. Qui c'è un governo che deve funzionare, un programma che deve andare avanti. Io lavoro per costruire, altri per distruggere. Che idea si può fare chi vuole investire da noi? Il nostro è un sistema fuori controllo». «La verità - ha ancora dichiarato - è che io non sono amico non sono amico dei potenti e con la mia azione ho dato fastidio a qualcuno». Magari, spiega Salvini, attraverso «i trenta milioni di risparmio secco all'anno dei costi della politica in Regione».

Il centrosinistra gongola e prepara una battaglia elettorale che ormai dà per imminente. «Il Piemonte volta pagina dopo quattro anni infelicissimi», dice Mercedes Bresso: «La Lega delira. È stata fatta giustizia, seppure in ritardo, e ora chiederemo al Consiglio di Stato di non concedere la sospensiva ma di permettere ai piemontesi di andare al voto già in primavera, insieme alle amministrative e alle europee».

All'orizzonte si profila già un candidato: Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino, presidente della Compagnia di San Paolo, che proprio ieri ha appreso di essere stato scagionato da un'inchiesta della procura subalpina su presunti favoritismi ai gestori dei locali della movida torinese. «Naturalmente - afferma - non dipende solo da me. Ma io sono pronto».

«Non commento le sentenze, ci saranno le conseguenze del caso», si limita ad affermare il premier Enrico Letta, che però sottolinea «il tempo assolutamente incredibile» che ci è voluto per arrivare alla decisione: «Penso che si debba riflettere su questo. Forse bisogna riguardare alcune norme».

La causa, dopo una prima sentenza interlocutoria del Tar (composto all'epoca da altri giudici) nel 2010, si è impantanata fra tribunali penali, civili e amministrativi in un batti e ribatti di pronunce, ricorsi e bizantinismi che non hanno risparmiato il Consiglio di Stato e persino la Corte Costituzionale. Cota, che rimane indagato insieme a una quarantina di consiglieri della maggioranza per la questione dell'uso dei fondi dei gruppi consiliari, parla di «persecuzione della sinistra che, se non riesce a vincere le elezioni, usa l'arma giudiziaria».

«Sulla raccolta delle firme si sbaglia dappertutto ma guarda caso paga solo la Lega», aggiunge Salvini. Gli avvocati del governatore hanno fatto presente che anche una delle liste che sostennero la Bresso, i «Pensionati e Invalidi», era viziata da irregolarità, tanto che l'autenticatore è stato condannato. Nelle motivazioni della sentenza i giudici spiegheranno perché non bisognava tenerne conto.