Legge elettorale, Prodi: «Costringa ad allearsi». La freddezza di Renzi

Legge elettorale, Prodi: «Costringa ad allearsi». La freddezza di Renzi
di Alberto Gentili
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Sabato 1 Luglio 2017, 07:43 - Ultimo aggiornamento: 21:34

dal nostro inviato
MILANO Come ormai accade da qualche tempo, è Romano Prodi a dettare l'agenda del Pd e di Matteo Renzi. Nel giorno in cui i dem riuniscono i circoli al teatro Ciak, il Professore mette a verbale: «O abbiamo una legge elettorale che ci obbliga ad accorpamenti o non c'è niente da fare. Perché in un Paese frammentato, la legge elettorale non è fatta per fotografare un paese, ma per dare un governo stabile».

L'ASSEDIO
La frase del fondatore dell'Ulivo e del Pd precipita in una sala un po' moscia, un po' depressa e non certamente strapiena. Pesa la batosta dei ballottaggi. Turba scoprire che il leader ritenuto invincibile è finito sotto assedio. Forse anche per questo a Matteo Renzi, che aveva detto ai suoi di scegliere una linea morbida e meno conflittuale, a metà pomeriggio sfugge la frizione: «Basta inseguire polemiche astratte e fumose che interessano solo gli addetti ai lavori. A noi interessa cambiare la vita delle persone, non inseguire le formule della politica del passato». Un modo, neppure tanto cortese, per bocciare la formula dell'Unione cara a Prodi.
Ma che non si accompagna con un niet esplicito a rimettere mano alla legge elettorale, come suggerisce il Professore. E neppure con una bocciatura a priori dello schema del centrosinistra. Ecco il coordinatore Lorenzo Guerini: «Una legge elettorale con le coalizioni? È la proposta che abbiamo fatto noi. Prima con il Mattarellum, una legge con impianto maggioritario che è stata bocciata, poi con la presentazione del Rosatellum. Ma anche in quel caso siamo stati lasciati soli. Di più al Pd non può essere chiesto: se emerge una proposta in Parlamento siamo però pronti a discuterne».

Ed ecco Matteo Richetti, il portavoce: «Da oggi costruiamo la nostra proposta per l'Italia e non chiudiamo a nessuna ipotesi di alleanza. Ma questa si costruisce sui contenuti, non adesso». Insomma, Renzi rinvia le due questioni. Impone una moratoria. Perché, come dice il presidente Matteo Orfini, «continuare a occuparci di alleanze ora significherebbe fare campagna per Pisapia e non ci interessa». Soprattutto oggi che l'ex sindaco battezza a Roma Insieme, la creatura a sinistra del Pd che molto probabilmente non si alleerà mai con il Pd. Anche perché c'è un veto esplicito alla premiership di Renzi.

A Pisapia, ieri al Ciak, ha già risposto Maurizio Martina: «Non ci può essere un centrosinistra senza il Pd. A noi non interessa la logica del nemico vicino e lavoriamo sul progetto-Paese, non su personalismi e destini personali. Di sicuro non possiamo accettare veti sulle persone». E rivolto ad Andrea Orlando, Gianni Cuperlo, Dario Franceschini presenti in platea, il vicesegretario ha aggiunto: «Non possiamo aprire un secondo tempo congressuale. E' impensabile». Della serie: Renzi, appena rieletto segretario alle primarie con il 70%, non si tocca. «Altra cosa è ascoltare e parlare».

Un po' come ha insegnato più tardi Mauro Berruto, ex allenatore della nazionale di pallavolo maschile, chiamato a dare una lezione sul gioco di squadra. E un po' ciò che è venuto a dire Beppe Sala. Il sindaco di Milano ha garantito sostegno e impegno a favore del Pd in vista delle elezioni. Ma da senza tessera non ha risparmiato le bacchettate: «Alle Comunali è stata una sconfitta dura. Ciò è accaduto perché non sono state messe a fuoco le questioni che muovono la pancia degli italiani: immigrazione, sicurezza, lavoro. E perché non siamo stati abbastanza cattivi, lasciando per di più soli i nostri sul territorio». E' seguito appello: «Tra Renzi e Prodi va trovata un'alleanza». Difficile.