Manfred Weber, Ppe: «Ue, giusto non aspettare gli Stati che frenano, l'Italia ora è in serie A»

Manfred Weber, Ppe: «Ue, giusto non aspettare gli Stati che frenano, l'Italia ora è in serie A»
di Alessandro Di Lellis
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Martedì 7 Marzo 2017, 08:55 - Ultimo aggiornamento: 16:32
Il governo italiano deve rispettare le promesse fatte sulla riduzione del deficit, l'Europa deve perseverare nel suo cammino di unità cominciato nel 57 con i Trattati di Roma, se vuole competere a pari rango con Usa e Cina. E anche la Germania deve correggere la rotta, investendo di più. Lo dice Manfred Weber, 45 anni, tedesco, potente capo del gruppo del Ppe, la principale forza al Parlamento Europeo.

Si è parlato molto di Europa a più velocità. E' questa la via?
«Bisogna fare ciò che è scritto nei Trattati, che prevedono che un gruppo di Stati vada avanti in determinati settori; è quanto avviene nella politica di sicurezza, nel controllo delle frontiere esterne, nella moneta. E' già previsto che non si debba aspettare i più lenti. Il mondo non ci aspetta».

Ma così i Paesi del Sud Europa non rischiano di finire in serie B rispetto al nucleo forte del Nord?
«I Paesi del Sud, Spagna, Italia, Grecia, sono già in serie A e non c'è pericolo che ne escano. Per quanto riguarda l'Eurozona, il progetto di moneta comune deve andare avanti, non indietro. Il compito principale per questo gruppo è rilanciare lo sviluppo, per farlo è necessario che si vada avanti con l'integrazione politica».

Tuttavia nei Paesi dell'Eurozona, con l'eccezione della Germania, l'economia arranca. Non è la prova che il progetto di moneta unica è da correggere?
«E' da rafforzare, non da correggere. Tutti abbiamo profittato dell'euro, non soltanto la Germania. Senza la moneta comune sarebbe stato molto più difficile superare la crisi finanziaria nata in Usa nel 2008. Ora, è giunta l'ora dell'approfondimento. Sta a tutti attuare riforme come l'Agenda 2000 a suo tempo lanciata dal cancelliere Schroeder in Germania, rendere le economie più competitive così che gli investitori tornino in una Europa adeguata a un mondo globalizzato. Vediamo che questi sforzi mostrano risultati in Paesi come la Spagna, l'Irlanda, la Finlandia, mentre Francia e Italia non riescono a essere forti come potrebbero».
La Brexit ha vinto, dappertutto crescono forze populiste e anti-Europa, anche in Germania: la Ue ha sbagliato?
«L'Europa sicuramente non è perfetta e ha commesso errori, come un eccesso di misure burocratiche. Il presidente della Commissione, Juncker, sta facendo passi importanti per correggere questo aspetto. I populisti vogliono reintrodurre ovunque confini e barriere protezionistiche, ma così si costruirà forse una Europa migliore? La Brexit porterà un grave danno alla Gran Bretagna e i popoli si accorgeranno che è meglio costruire l'Europa, non distruggerla».

Come si procederà con Londra? Resterà agganciata in qualche modo al mercato comune?
«La Gran Bretagna ha deciso di lasciare l'Unione Europea, la premier May lo ha ribadito. I britannici devono decidere: o dentro o fuori. Come capogruppo al Parlamento Europeo, penso che sia inaccettabile che un Paese esca dall'Unione e al tempo stesso goda dei vantaggi del mercato unico. Gli inglesi hanno sempre beneficiato di un trattamento particolare, per esempio nel meccanismo di sconto relativo ai contributi. Dobbiamo essere orgogliosi di vivere in una Europa aperta: i suoi principi sono stati messi in discussione dalla Brexit, talvolta con argomenti razzisti».

All'Italia, la Commissione europea ha chiesto una correzione dello 0,2%. Ma più tasse potrebbero mettere a rischio la ripresa: un circolo vizioso.
«Non è stata una richiesta, ma una promessa di Padoan. A Bruxelles ci aspettiamo che il governo italiano la rispetti. Noi siamo pronti alla flessibilità, escludendo dal deficit i costi generati dalle catastrofi naturali. Ma si tratta dell'affidabilità degli impegni italiani. Al centro, c'è sempre una questione di fiducia, alla quale anche la Germania è chiamata a rispondere: l'avanzo commerciale tedesco a lungo termine non è sostenibile, la Repubblica Federale deve fare grandi investimenti che contribuiscano alla crescita di tutta l'Eurozona».
Il 25 marzo, anniversario dei Trattati, si svolgerà a Roma un importante Consiglio Europeo. Che strada traccerà?
«I Trattati di Roma sono la ragione per cui dobbiamo sentirci orgogliosi di essere europei. La sfida dei prossimi cinque anni è di far crescere quell'Europa che Putin vorrebbe debole e divisa. Di fronte agli Usa di Trump, alla Cina, dobbiamo essere alla stessa altezza come partner globali. Una Europa adulta in un mondo globalizzato».
 
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