«Sei un ciarlatano, devi suicidarti»: ecco cosa scrisse l'Fbi a Martin Luther King

La lettera inviata dall'Fbi a Martin Luther King
di Giacomo Perra
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Sabato 15 Novembre 2014, 17:03 - Ultimo aggiornamento: 17 Novembre, 20:36

«C'è solo una cosa che puoi fare. Non c'è che una via d'uscita per te. È meglio farla finita prima che tutto il male venga fuori. Hai solo 34 giorni di tempo per farlo».

Era il novembre del 1964, esattamente cinquant’anni fa, quando con questa lettera l’Fbi cercò di indurre Martin Luther King, il reverendo americano famoso in tutto il mondo per le sue battaglie contro la discriminazione dei neri e prossimo premio Nobel per la pace - lo avrebbe ricevuto ufficialmente il 10 dicembre a Oslo -, a togliersi la vita. Oggi quella missiva, non a caso definita “del suicidio”, è stata resa pubblica per la prima volta e finalmente, grazie alla sua testimonianza e alla caparbietà di Beverly Gage, la professoressa di storia di Yale che è riuscita a scovare la versione non censurata e completa del testo, tutto il marcio della scandalosa macchinazione tramata contro il leggendario leader dei diritti civili assassinato a Memphis il 4 aprile del 1968 è tornato alla luce insieme al suo torbido passato.

L’aveva capito fin da subito King che dietro quel disilluso e anonimo membro della comunità afroamericana che, in alcune tra le righe più drammatiche della lettera, arrivava a definirlo «un imbecille con una morale anormale» e «un ciarlatano», non potessero che celarsi la polizia federale americana e il suo spietato capo John Edgar Hoover.

La sue sensazioni vennero confermate nel 1976 quando il Church Committee del Senato rivelò ciò che tutti sapevano da tempo: la missiva era stata scritta dall’Fbi.

Precisamente a vergare insulti e minacce fu l’agente William Sullivan che fece recapitare la lettera insieme ad una audiocassetta contente le prove delle infedeltà coniugali del pastore protestante statunitense.

Spiato e intercettato in casa e nelle camere d’albergo alla ricerca di un qualche punto debole che potesse screditarlo agli occhi dell’opinione pubblica, King diede materiale all’Fbi solo in relazione alle sue storie d’amore clandestine. Un appiglio non da poco per l’agenzia guidata da Hoover che nell’espresso giunto a destinazione poco dopo la sua partenza per la Norvegia, cercò di impaurire il politico, considerato un oppositore del governo e sospettato di simpatie comuniste, minacciando di rivelare gli “scabrosi” dettagli sulla sua vita privata.

Un subdolo gioco al massacro, insomma, visto che l’anonimo estensore della missiva, per scampare alla inevitabile gogna mediatica, suggeriva a King di scegliere la strada del suicidio. Quella strada per fortuna il leader nero non la imboccò mai e, anzi, con coraggio continuò a lottare. Contro tutti e fino alla morte.