Rispetto al passato, tuttavia, ci sono due novità: la prima, che una nuova Grande Coalizione potrebbe dare il colpo di grazia alla Spd, provocando un’ulteriore emorragia di voti. E va bene anteporre il bene del Paese a quello del partito, ma questi deve comunque sopravvivere. La seconda novità è che la Spd appare profondamente divisa, a un livello a cui non si era quasi mai trovata nella sua storia: da un lato il «partito» dei funzionari, dei governatori e dei ministri dei Länder, che vorrebbe rientrare al governo; dall’altro il «partito» dei militanti, disposto al massimo ad appoggiare dall’esterno un governo tra la Merkel e i Verdi. In parte inedito è anche il ruolo da protagonista ritagliatosi dal presidente della Repubblica, Steinmeier, che spinge per la Grande Coalizione.
Il capo dello Stato ha sulla carta pochi poteri, ma quando a ricoprire quel ruolo è, come in questo caso, un ex segretario di partito e ministro di peso, per di più socialdemocratico, le cose cambiano. Per questo i bookmaker oggi si dividono tra chi punta su una Grande coalizione e chi su un appoggio esterno della Spd. In ogni caso, salvo colpi di scena, la Merkel dovrebbe restare alla guida del paese.
Ma sarà la stessa Merkel? A nostro avviso no. E per almeno tre ragioni. La prima è che, se Grande coalizione sarà, la Spd la farà pagare a duro prezzo, chiedendo, come hanno già anticipato alcuni suoi esponenti, un netto spostamento a sinistra rispetto al governo precedente, anche sugli immigrati. Ma la politica di Merkel è già stata percepita come eccessivamente progressista dai numerosi elettori che hanno abbandonato la Cdu. Quindi un governo Merkel più rosso del precedente provocherebbe malumori nella Cdu, che già non mancano. La seconda ragione è che il fallimento della trattativa per la coalizione Giamaica ha inciso, almeno all’interno del paese, sulla fiducia nelle capacità di leadership della Merkel e in ogni caso sulla sua freschezza - il quotidiano «Die Welt» l’ha paragonata a Mugabe; un po’ scherzosamente (ma i tedeschi, dice uno spot, non scherzano mai). La terza ragione è che la Grande Coalizione si presenterebbe come un’alleanza quasi disperata tra i partiti del sistema, lasciando alle formazioni euroscettiche, di destra e di sinistra, ampio spazio - e che il primo partito dell’opposizione diventi l’Afd sarebbe un grosso problema, soprattutto per la Cdu. Se poi ci proiettiamo fuori dalla Germania, sul piano delle riforme europee, una Grande coalizione vissuta senza grande trasporto dai due partner, renderà Merkel ancora più prudente. Infine, un insuccesso della Grande Coalizione porrebbe una pietra tombale su questa formula in tutta Europa, decretandone l’impossibilità.
Se non ci sono riusciti in Germania, dove ne hanno esperienza e cultura, come si potrebbe proporre in Italia? Al contrario, nel caso, a oggi probabile, di ritorno di una Grande coalizione a Berlino, questa resterebbe una strada praticabile anche da noi, nell’eventualità in cui dopo le elezioni si verifichi, come molti temono, una situazione alla tedesca. In ogni caso, un indebolimento della Merkel sul breve periodo produrrebbe un effetto destabilizzante anche per Berlusconi e per Forza Italia, che si presenta come l’asse centrale e moderato di una coalizione per il resto poco «merkeliana». Non resta che attendere e vedere se, come nella loro natura i socialisti tedeschi acquisteranno il biglietto del treno oppure contribuiranno a farlo deragliare.
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