Egitto, censura e piazze blindate nel quinto anniversario della Rivoluzione di Piazza Tahrir

Egitto, censura e piazze blindate nel quinto anniversario della Rivoluzione di Piazza Tahrir
di Ida Artiaco
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Lunedì 25 Gennaio 2016, 15:24 - Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 14:40

Una festa all’insegna della paura, del terrorismo e della censura. L’Egitto celebra oggi il quinto anniversario della Rivoluzione che, esattamente il 25 gennaio 2011, portò alla cacciata del presidente Hosni Mubarak, dando inizio alla cosiddetta Primavera Araba. Da venerdì scorso Piazza Tahrir al Cairo, epicentro e simbolo delle proteste, e le principali strade e centri commerciali della Capitale e delle città vicine sono presidiati da polizia ed esercito per prevenire lo scoppio di tensioni. Le autorità hanno anche fatto sapere che risponderanno rigidamente a qualsiasi agitazione.

Secondo alcune fonti del ministero dell’Interno, sarebbero circa 69 le pagine di Facebook chiuse e cinque i loro amministratori arrestati nei giorni scorsi per incitamento alla protesta illegale in occasione delle celebrazioni di oggi e alla violenza contro lo Stato. Numerosi anche i blogger e gli attivisti fermati nelle ultime settimane per aver organizzato, come riporta il quotidiano locale Egypt Indipendent, iniziative per commemorare i martiri della dura repressione del regime. Per tutti l’accusa è di attività antigovernativa, a cui ha contribuito di sicuro la nuova legge anti-proteste che obbliga i cittadini a chiedere il permesso prima di riunirsi in luoghi pubblici o privati.

La tensione è talmente alta che, a differenza degli altri anni, neanche i partiti politici e i movimenti anti Islam hanno organizzato alcuna manifestazione in strada, rispettando il divieto imposto dal governo. Quelli appartenenti alla corrente democratica hanno invece annunciato una commemorazione privata all’interno delle loro sedi. Gli unici che scenderanno in piazza saranno gli uomini della coalizione legata ai Fratelli Musulmani, l’Alleanza nazionale democratica, che già giovedì scorso in un comunicato avevano dichiarato la loro intenzione di continuare la rivoluzione.

Proprio contro di loro ha alzato la voce l’attuale presidente Al Sisi, eletto nel 2014 quando era a capo delle forze armate egiziane, dopo la deposizione di Mohamed Morsi, leader proprio dei Fratelli Musulmani, «che hanno deviato la Rivoluzione, rivendicando la paternità di una lotta portata avanti dal popolo». Nei due anniversari precedenti le manifestazioni da loro organizzate sono finite in scontri che hanno causato decine di vittime, 17 soltanto nel 2015. Al Sisi ha anche sottolineato, facendo riferimento al processo politico in atto nel Paese, come «la democrazia non maturi da un giorno all’altro, ma attraverso un processo cumulativo e continuo».

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