Cene e convegni per 320 milioni: così l'Italia aiuta il verde cinese

Cene e convegni per 320 milioni: così l'Italia aiuta il verde cinese
di Sara Menafra
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Domenica 24 Aprile 2016, 09:43 - Ultimo aggiornamento: 25 Aprile, 17:45
Il dato iniziale ha fatto saltare sulla sedia persino i posati membri della Corte dei conti: negli ultimi quindici anni, il ministero dell'Ambiente italiano ha speso trecentoventi milioni di euro per migliorare l'ambiente cinese. Non per fare insieme progetti utili ad entrambi i paesi, ma con finanziamenti diretti, buona parte dei quali attraverso fondi fiduciari e conti correnti dedicati, ai quali accedono esclusivamente le imprese cinesi che in qualche caso impiegano anche aziende o consulenti italiani(nel giro però si perdono le tracce del come, del cosa e del chi). Buona parte delle iniziative, già pagate, sembra non siano state neppure realizzati. Una situazione talmente anomala, insomma, che la Sezione di controllo della magistratura contabile ha messo in fila 130 pagine, parlando di una situazione viziata da «rilevanti criticità e anomalie», e ha inviato tutto al pm della procura di Roma Alberto Galanti, da tempo titolare di accertamenti sul ministero verde.
 
«PROGETTI NON REALIZZATI»
L'idea di una collaborazione tra Italia e Cina nel campo ambientale viene avviata formalmente con una dichiarazione congiunta firmata a Pechino il 19 ottobre 2000 tra i ministri pro-tempore dell'ambiente italiano e cinese che dà vita al Sicp ”Sino-italian cooperation program”, diventato particolarmente attivo soprattutto dal 2008 in avanti. Il progetto avrebbe un senso positivo e almeno in parte ha permesso all'Italia di rafforzare la propria immagine in tema ambientale. Ma come nota il risultato di una verifica disposta dall'ambasciata di Pechino nel 2014, allegata agli atti, già dopo quella dichiarazione di intenti si segnalano alcune anomalie. Il Sicp procede finanziando e organizzando senza un vero protocollo e senza coinvolgere gli Esteri.

I costi dei progetti finanziati sono elevati e le iniziative, tra convegni e progetti ambientali che vanno dal tracciamento delle acque contaminate alla realizzazione di edifici verdi sembrano «slegati da una logica strategica: mentre una parte rilevante delle spese viene giustificata in termini di costi di gestione, convegni, missioni, illustrazioni di progetti, attività di promozione d'immagine, molte altre risultano incomprensibili e di difficile ricostruzione». Di più, dice la Farnesina: «Stante l'opacità che contraddistingue gli interventi e l'assenza di elementi relativi allo stanziamento complessivo, alcuni progetti sembrerebbero ipotizzati solo nella documentazione e mai concretamente eseguiti». Anche il ministero dell'Ambiente dal 2014 in avanti si è mosso e, dicono i verbali della sua ispezione, dai toni durissimi, nota parecchie incongruenze. A cominciare dal fatto che fino all'ispezione il dicastero non avesse «esatta cognizione dell'attività in corso di svolgimento in Cina».

PALAZZI E CONSULENTI
Sui progetti effettivamente realizzati, la Corte dei conti avanza parecchi dubbi. E' il caso del recupero energetico di un palazzo all'interno dell'università di Shangai, che dovrà essere la sede del Centro cinese italiano per la sostenibilità energetica. Costa 5,264 milioni di euro ed ormai è possibile tornare indietro perché «il finanziamento relativo era già stato trasferito sul fondo fiduciario», scrivono i giudici contabili. Grazie ad un altro di questi fondi, sono stati pagati anche quattro consulenti italiani, con cifre tra i 60 e i 120mila euro, che non figurano «né tra gli esperti convenzionati dal Commercio estero né dall'elenco dei consulenti del Ministero». Elevatissime, le spese di organizzazione e rappresentanza: «Una quota significativa (circa il 30%) delle risorse stanziate per i vari progetti è destinata a finanziare proprio l'attività di supporto e le spese generali di gestione del Pmo, organo di coordinamento operativo di tutti i progetti del Sicp».

SPESA GONFIATA
L'impegno di spesa complessivo finora è stato di 320 milioni di euro «decisamente più elevato di quello, 185milioni, dichiarato nelle relazioni ufficiali». «Da un certo momento in poi - qui i magistrati citano l'ispezione interna del ministero - l'intero programma sarebbe stato caratterizzato da una “gestione soggettiva e privatistica” da parte del direttore generale pro-tempore», ovvero dell'ex ministro dell'ambiente Corrado Clini. I dirigenti «hanno operato secondo le indicazioni impartite verbalmente di volta in volta». La Corte dei conti ha segnalato con evidenza alla procura di Roma anche il meccanismo dei «fondi» e dei «trust» alimentati attraverso trasferimenti diretti dal ministero «in anticipo rispetto alla concreta realizzazione dei progetti e degli interventi, “ed utilizzati dai partner cinesi, secondo le proprie regole procedurali e contabili”», dicono citando l'ultima ispezione interna. Tutti aspetti su cui ora la procura di Roma avvierà ulteriori valutazioni per decidere il da farsi.
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