Parla un agente segreto: «Rete sul territorio e silenzio, così l'Italia salva gli ostaggi»

Parla un agente segreto: «Rete sul territorio e silenzio, così l'Italia salva gli ostaggi»
di Marco Ventura
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Domenica 18 Gennaio 2015, 05:52 - Ultimo aggiornamento: 13:00
ROMA Ma chi li tira fuori gli ostaggi? Chi è che per mesi, senza sosta, lavora per liberarli? E come fa? La parola a uno di loro, uno dell'intelligence che l'ha fatto in passato. Questo è il suo racconto. «Alla base di tutto dev'esserci – dice - una possibilità di coltivazione che deve nascere da una rete esistente. Se il rapimento avviene in un'area in cui non sei presente, la difficoltà di strutturare una rete e cominciare a valutare determinati canali è difficile. Ma nell'area di Greta e Vanessa, tradizionalmente una rete l'abbiamo, nonostante alcuni danni che ci sono stati in passato. Chi ci guida oggi conosce il mestiere, ha recuperato la struttura ricostituendo le reti». La prima regola qual è? «Il silenzio, applicato con rigore dagli operatori stranieri in quell'area. Meno dai nostri, come abbiamo visto in alcuni rapimenti: esternazioni per stupidità, in passato. Interlocutori istituzionali, ma anche giornalisti. Altro elemento decisivo è la relationship, il rapporto stretto che deve funzionare tra noi e l'unità di crisi della Farnesina e anche questo l'abbiamo, grazie al lavoro di squadra introdotto sotto una direzione in particolare (il riferimento è a Elisabetta Belloni, ndr), che l'ha resa uno strumento diplomatico coordinato con i servizi. Senza una buona rete alla base, non puoi valutare né i canali né la loro bontà».

L'INDIVIDUAZIONE

Quando qualcuno viene rapito, prima di tutto «devi capire esattamente dove si trova e chi sono i soggetti che lo hanno in mano, se appartengono a gruppi ideologici o a semplici banditi. Nella maggior parte sono banditi che passano gli ostaggi a gruppi ideologici. Parliamoci chiaro, “l'obiettivo Italia” è sempre appetitoso, noi abbiamo uno spirito di conservazione più marcato degli altri. Però questo spirito di conservazione ci costa eccome!». Non è soltanto un problema di riscatto. «Ci vuole una buona base, una rete, i canali, il gioco di squadra… Poi c'è la figura del negoziatore, che deve capire quanto è importante la leva ideologica o quella delinquenziale. Un negoziatore esperto conosce l'area, si affida al capo-rete che la gestisce, ha la capacità di muovere contatti in grado di valutare di volta in volta se il canale è giusto. La sua bravura si vede dall'appeal, dall'autorevolezza nei confronti dei soggetti a cui si rivolge. Dev'essere un mammasantissima. La dinamica è come quella mafiosa. Può essere un anziano, un predicatore, può esserci coincidenza tra negoziatore e capo-rete. Dipende dalla figura. Il segreto è il gioco di squadra, e poggia sulla rete. E la rete la costruisci nel tempo. La squadra è quella di Nicola Calipari». Sì, Calipari, ucciso nel 2005 a un posto di blocco americano a Baghdad mentre portava in salvo l'inviata del “Manifesto” appena liberata, Giuliana Sgrena.



LA RAPIDITÀ

E i tempi e segnali? «Ah, quelli. Sono soggettivi. Lì è tosta, devi fare una scelta. Sai quante persone si propongono? Centinaia. Vengono a dirti: sappiamo, ditemi, datemi… La bravura è capire il canale buono . C'è un solo modo per verificare se la strada è quella: la prova in vita». Nel caso di Greta e Vanessa, è arrivata dopo 5 mesi. Il video con la supplica al governo. «Anche in questo caso il silenzio è fondamentale, ma attenzione: se le due fossero state in mano ai neri, all'Isis, c'era poco da fare».



IL PERICOLO

I rischi per gli agenti sul campo arrivano dal contatto diretto. «Lì c'è un rischio fisico. Nella liberazione della Sgrena ci fu il contatto diretto. Quando il soggetto viene consegnato, un contatto c'è sempre e devi evitare di essere tu stesso sequestrato. E se non rischi tu, rischia l'intermediatore. Bisognerebbe dire alla gente: in quel sito non ci puoi andare, se vai e riesci a tornare, ti fai la galera. Ma sai quanti costi deve sostenere uno Stato per un'operazione del genere?». Non è solo un problema di riscatto. «C'è tutto un dispositivo da mettere sul campo per liberare una persona, con annessi e connessi. Anche il rischio di vita del nostro operatore ha un costo». Alla fine, però, quando l'ostaggio è libero, si festeggia. «L'ho fatto ogni volta. Ma sai perché? La rete che hai creato è affidabile. Un agente è bravo per il portafoglio che ha. E il portafoglio con contiene soldi. Contiene contatti”. Allora via con lo spumante. “Si stappa!”.