Expo e "l'effetto Spelacchio": così l'abete di piazza Venezia spunta nell'udienza preliminare a carico di Sala

Expo e "l'effetto Spelacchio": così l'abete di piazza Venezia spunta nell'udienza preliminare a carico di Sala
di Claudia Guasco
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Giovedì 22 Febbraio 2018, 19:12 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 16:40
MILANO - Evitare a tutti i costi «l’effetto Spelacchio». Natale è passato da un pezzo, l’albero di piazza Venezia così triste da diventare il più amato d’Italia è stato trasformato in qualche oggetto utile ma senz’anima, eppure l’abete piangente che ha suscitato un moto corale di affetto e simpatia è rimasto nel cuore di tutti. Tanto che il suo ricordo viene evocato in un’aula di tribunale, per l’esattezza durante l’udienza preliminare per abuso d’ufficio nella quale figura tra gli imputati il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Stando alle accuse, avrebbe assegnato alla ditta Mantovani - senza gara e con affidamento diretto - l’appalto per la fornitura dell’area verde della Piastra dei servizi, la struttura principale dell’Expo. Alberi, appunto. «Se fosse passato troppo tempo, le piante avrebbero fatto la fine di Spelacchio», sintetizza l’avvocato Luca Troyer, difensore dell’ex braccio destro di Sala e coimputato Angelo Paris.

«COLTIVAZIONI DA AVVIARE»
Anziché un’area verde rigogliosa, tanti Spelacchi che non avrebbero certo contribuito al successo dell’Esposizione universale. Per questo non ci fu gara, ha spiegato Paris nelle sue dichiarazioni spontanee davanti al gup Giovanna Campanile: «Doveva essere garantita la qualità del materiale vegetale, che era una delle peculiarità principali del Masterplan di Expo 2015». E anche per una questione di «rispetto dei tempi», dato che lo stato «di avanzamento dei lavori» della Piastra dei servizi nell’aprile 2013 era al 3%. Paris ha giustificato l’assegnazione diretta del lavoro di fornitura richiamandosi alla necessità di una «gestione unitaria dell’intervento Piastra complessivo» e ha chiarito che quella fornitura andava affidata «entro il 20 giugno 2013» per questioni di tempistiche sulle «coltivazioni da avviare a partire dall’autunno 2013» e da «mettere in opera da fine 2014-inizio 2015».

Andavano garantiti, secondo il manager, anche la «sicurezza delle persone, degli asset e dei mezzi d’opera», la «ottimizzazione dell’attività di posa delle piante» e la «minimizzazione del contenzioso» in caso di «danneggiamenti». Era «estremamente incerta e rischiosa una gara, dopo che la ricerca di uno sponsor non era andata a buon fine, per ragioni indipendenti da Expo 2015 spa». Da qui la decisione dell’affidamento diretto «condivisa con Metropolitane milanesi e Ilspa». Il progetto «realizzato da Mm era solido - ha proseguito Paris - lo sconto ottenuto il più alto sulle opere complementari». E «il prezzo fu una negoziazione tra due parti di cui una, Expo, in condizione di urgenza operativa». Ancora: «La verifica di congruità, ammesso che fosse necessaria per un’opera complementare, è stata implicitamente svolta».

INGIUSTO VANTAGGIO
La procura generale, nel frattempo, ha fatto acquisire agli atti del procedimento circa 50 faldoni di verbali dei cda Expo dal 2010 in poi.
Sala, in qualità di ex amministratore delegato dell’Esposizione universale, è già a processo per l’accusa di falso e risponde con Paris di abuso d’ufficio in relazione all’affidamento diretto alla Mantovani spa della fornitura di 6.000 alberi e arbusti per arredare il sito espositivo. Affidamento che, secondo l’accusa, avrebbe causato «un danno di particolare gravità» alla società che gestiva l’evento, ossia Expo 2015, e che sarebbe avvenuto violando il codice degli appalti. Per la procura generale infatti l’assegnazione diretta ha riconosciuto all’impresa un importo di 4,3 milioni di euro, quando «invece l’effettivo valore» di quei lavori «era di gran lunga inferiore», tanto che il subappalto assegnato dalla Mantovani «all’Ati Zelari-Euroambiente aveva un costo inferiore a 1,7 milioni». In questo modo, Sala e Paris il 23 ottobre 2013 avrebbero procurato «intenzionalmente» alla Mantovani «l’ingiusto vantaggio patrimoniale pari alla differenza tra i due importi».
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