La mafia dei pascoli di oggi è da considerarsi necessariamente primitiva, povera, dunque meno pericolosa? Non direi. Già altre volte fuorvianti considerazioni sul carattere primitivo di alcuni gruppi mafiosi (pensiamo ai corleonesi di Riina) ci hanno portato a sottovalutarli. Gli affari della mafia dei pascoli, a quanto sembra, sono lucrosi. Se le cose sono come sembrano a poche ore dall’attentato, grande è anche la sua determinazione a tutelarli con ogni mezzo. Che la pax mafiosa, nell’isola, sia finita? La domanda sorge naturale. Da più di vent’anni uomini delle istituzioni come Antoci non erano stati oggetto di attentati del genere. La memoria ritorna a tempi terribili, alla tragica sequenza degli assassini “eccellenti”, a quando Cosa nostra riusciva a far pesare la sua minaccia terroristica sugli uomini delle istituzioni e, dunque, sulla stessa democrazia italiana - alla scia di sangue che ha investito la Sicilia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90 del secolo scorso. Quella scia di sangue indicava il percorso seguito da Cosa nostra nel suo tentativo di scalata al vertice, del potere politico e imprenditoriale, quanto meno su scala regionale.
Vertigine di onnipotenza: così potremmo definire la strategia corleonese a vent’anni di distanza dal suo momento culminante e terminale, dagli apocalittici attentati contro Falcone e Borsellino, dalle bombe di Firenze. La sfida terroristica non ha pagato perché, in conseguenza di questi e di tutti gli altri misfatti, una repressione storicamente senza precedenti (anche se ci riferiamo alla celebrata repressione fascista) si è abbattuta su Cosa nostra. La mafia siciliana appare oggi indebolita, tra l’altro, anche rispetto ad altre mafie o aree di criminalità organizzata internazionali e nazionali (basti pensare alla ’ndrangheta). Possiamo per questo considerarla finita? No, purtroppo, perché la sua pericolosità non si misura solo dal sangue versato (anche da quello, certo). E poi: la corruzione non corrisponde alla mafia, ma non c’è dubbio che le mafie, vecchie e nuove, possono trovare un eccellente (pessimo) brodo di coltura nel malaffare politico e imprenditoriale.
Andiamo dunque con lo sguardo al di là della mafia-Cosa nostra. Il paesaggio isolano non appare risanato, rispetto a quello di vent’anni fa. Direi piuttosto che esso è pesantemente inquinato delle macerie del passato, pezzi disorganici di politica e di economia sporche rimasti sul terreno, residuati bellici che nessuno ha saputo rimuovere,
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