Rai nomine, Vigilanza, l'audizione dei vertici Rai: allarme debito e polemiche sulle scelte tutte "al maschile" nei Tg

In Commissione a Montecitorio ascoltati Roberto Sergio, Marinella Soldi e Giampaolo Rossi. Affondo della presidente: «Serve sforzo sulla parità di genere»

L'ingresso Rai di viale Mazzini, a Roma
di Andrea Bulleri
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Giovedì 8 Giugno 2023, 13:31 - Ultimo aggiornamento: 13:35

Una Rai «più plurale rispetto al passato», assicurano i nuovi vertici del servizio pubblico. Nella quale «nessuna trasmissione d'inchiesta sarà soppressa». Ma che finisce di nuovo al centro delle polemiche per l'ultima tornata di nomine: tutte (o quasi) al maschile, secondo la presidente Marinella Soldi. E per il debito "monstre" da 580 milioni, mentre si discute (di nuovo) di abolizione del canone.

Gender gap

È proprio Soldi, che questa mattina è stata ascoltata dalla commissione di Vigilanza sulla tv di Stato a Montecitorio insieme all'ad Roberto Sergio e al direttore generale Giampaolo Rossi, a lanciare un duro j'accuse contro l'ultima infornata di direttori dell'informazione Rai. «Per quanto riguarda la parità di genere all'interno azienda, abbiamo ottenuto una significativa riduzione del gender gap, sia in termini di carriere sia di retribuzioni tra il 2021 e il 2022», premette la presidente voluta dal governo di Mario Draghi. «Uno sforzo - affonda - che purtroppo non è stato fatto nell'occasione delle ultime nomine, in particolare per le direzioni delle testate giornalistiche, tutte al maschile: uno strappo grave alle policy di genere aziendali, ratificate proprio dal CdA un anno fa».

Non è la prima volta che la presidente della tv pubblica invoca maggiore attenzione sulla parità uomo-donna nei posti chiave della tv pubblica.

Nelle scorse settimane, ospite del Salone del Libro di Torino, Soldi aveva annunciato l'intenzione di non dare il suo via libera alle nuove nomine qualora gli equilibri di genere non fossero stati scrupolosamente rispettati. Detto, fatto: la presidente, quando si è passati ai voti, ha detto "no". 

Ma a smentire la narrazione di una Rai tutta al maschile ci pensa l'ad Sergio. La tv pubblica, sottolinea, sta «lavorando per la costruzione di un percorso verso la parità di genere». «Quest'ultimo è un tema particolarmente sensibile per la Rai, come azienda ma ancor più come servizio pubblico di interesse generale; lo è per la Presidente Soldi e lo è per me». «Chiaramente - aggiunge l'amministratore delegato - ciò che conta è la tendenza e il passo per ridurre il gap; su entrambi i fronti sono stati fatti significativi progressi e posso già dare rassicurazione che ulteriori avanzamenti verranno operati nelle nomine che a breve completeranno la squadra di vertice». 

«Pluralismo è la parola chiave»

Nessun gener-gap insomma affligge la nuova Rai, per Sergio. Né - ribadisce l'ad - c'è stata volontà di cacciare qualcuno: «L'approccio che ci muove è tutto fuorché ideologico», dice riguardo all'addio di Lucia Annunziata. «Fosse stato necessario, ma non lo è stato, avremmo difeso il suo spazio». Poi l'affondo: «La Rai deve essere di tutti, pena l'incompatibilità con i dettami costituzionali e il venir meno della sua universalità». Dunque - punge l'ad - «non può escludere alcuno e, per altro verso, non può essere appannaggio solo di alcuni». Ecco perché, rimarca Sergio, «nessuna trasmissione di inchiesta sarà soppressa» (leggi Report, su cui a lungo si è dibattuto). I criteri guida per le nomine, ribadisce Sergio «sono stati e saranno competenza e capacità manageriale, bilanciando continuità e innovazione. Sono stati scelti quindi professionisti validi, prestando molta attenzione a salvaguardare, laddove rilevante per la posizione, il pluralismo. Quest'ultima, pluralismo, è una parola chiave». 

Coglie la palla al balzo il direttore generale Rossi. Che sull'argomento insiste: «Lavoriamo per garantire un pluralismo che spesso sulla Rai in passato non c'è stato». Il dg, rispondendo alle domande dei commissari, ha sottolineato che «difendere il servizio pubblico significa difendere il racconto italiano, la nostra identità plurale». E poi: «Abbiamo bisogno di un alleggerimento della tensione sul servizio pubblico per consentirgli di affrontare le nuove sfide. È centrale la discussione sulla natura giuridica dell'azienda, che è inserita in una dimensione pubblicistica che la sovraccarica di problemi. È un'azienda che non si muove liberamente sul mercato, ma è soffocata dalle norme in un mercato in grande velocizzazione». 

Allarme debito

Infine viene sollevato il problema del debito monstre: «Vorrei trasferirvi un senso di urgenza - richiama l'attenzione la presidente Soldi - L'azienda, pur avendo chiuso l'ultimo bilancio in pareggio, affronta una situazione di indebitamento pari a 580 milioni di euro nel 2022. Per un rinnovo necessario delle forme di finanziamento, serve un piano industriale credibile e realistico». E anche per questo si finisce a discutere di riforma del canone. «In Italia - osserva Sergio - è il più basso tra i principali Paesi europei: qualora si intendesse procedere ad una revisione del sistema, sarà indispensabile valutare l'efficacia della soluzione alternativa e i correlati rischi, individuando le misure di mitigazione». Come a dire: il canone serve. E se proprio volete toglierlo dalla bolletta della luce, bisognerà trovare un sistema alternativo che comunque non ne permetta l'evasione. 

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