Premierato, primo sì al Senato. Dalla nomina dei ministri al tetto ai mandati, come cambiano i poteri del presidente

Premierato, primo sì al Senato. Dalla nomina dei ministri al tetto ai mandati, come cambiano i poteri del presidente
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Mercoledì 3 Aprile 2024, 20:41

Un primo semaforo verde. In attesa del via libera dell'Aula. La Commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato oggi la parte centrale del premierato, la "madre di tutte le riforme" (copyright Giorgia Meloni) del centrodestra di governo. Dall'elezione diretta del premier alla nomina e revoca dei ministri, è una rivoluzione quella contenuta nel nuovo articolo 92 della Carta sul tavolo di Palazzo Madama. Ma cosa cambia per il capo del governo? E davvero i poteri del presidente del Consiglio aumenteranno?

L'elezione diretta

Procediamo con ordine. Il cuore della riforma, si diceva, è l'elezione diretta del premier. E' questo il punto più importante dell'articolo votato oggi: se il premierato sarà realtà, gli elettori si recheranno alle urne lo stesso giorno per scegliere sia la composizione del nuovo Parlamento, sia il nome della donna o dell'uomo che guiderà il governo. Fin qui tutto chiaro. Restano ancora da definire i dettagli: ad esempio, ci sarà una sola scheda o saranno due distinte? Ma questa è materia per la legge elettorale che già scalda il centrodestra.

Il tetto ai mandati

Fra le altre novità, il limite dei due mandati per il premier. Esiste in molti Stati europei, per non parlare di sistemi presidenziali come quello americano. Insomma, la permanenza a Palazzo Chigi di chi vincerà le elezioni avrà un tetto: dieci anni, due legislature consecutive al massimo. Inizialmente Meloni si era mostrata scettica a riguardo. "Non ritengo sia necessaria" aveva chiosato la presidente del Consiglio durante la conferenza stampa di inizio anno. Ma alla fine la maggioranza ha deciso di inserire il limite. Un segnale in direzione del Quirinale i cui poteri sono in parte rivisti dalla riforma in gestazione. 

Nomina e revoca dei ministri

La revisione dei poteri presidenziali non finisce qui. Una novità di peso riguarda la scelta della squadea ministeriale. Oggi il Quirinale ha il potere di nomina dei ministri, d'intesa con il premier incaricato. Con la nuova riforma cambia tutto. Il presidente della Repubblica dovrà limitarsi a conferire l'incarico al ministro e a firmare l'atto di nomina su indicazione del premier.

E' un passaggio sensibile della riforma costituzionale, che potrebbe archiviare un'era politica. Quella dei pellegrinaggi al Colle dei premier incaricati con in tasca la lista dei ministri appuntata a matita. Pronti a vederla cancellata, almeno in parte (ed è successo), dal Capo dello Stato. 

Lo stesso vale per una funzione ancora più delicata: la revoca dei ministri. Un istituto oggi assente e di grandissima attualità nel dibattito politico, con i riflettori puntati sul ministro del Turismo Daniela Santanché al centro di una lunga vicenda giudiziaria, di cui le opposizioni chiedono a gran voce il passo indietro. Ebbene, con il premierato il capo del governo non dovrà chiedere o esigere le dimissioni. Potrà firmare direttamente l'atto di revoca, costringendo il ministro a farsi da parte. 

Le crisi di governo

Resta un dubbio interpretativo che deve ancora essere affrontato dalla Commissione. Il testo della riforma prevede il ritorno alle urne in caso di "dimissioni volontarie" del premier, e la sostituzione con un presidente "di scorta", scelto dalla stessa maggioranza parlamentare, solo in caso di impedimento fisico grave del premier costretto al passo indietro. Resta un caso però che rischia di non essere regolamentato.

Cosa succede se un governo finisce in minoranza in aula su un provvedimento - ad esempio un decreto - su cui ha apposto la fiducia? Le dimissioni sono volontarie oppure obbligate? E in quel caso, si torna al voto o si procede alla nomina di un nuovo premier? Dettagli che devono ancora essere affrontati e su cui non tutte le posizioni convergono. 

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