Lina Sastri interpreta se stessa, la sua vita. Una pellicola di un'ora e venti minuti dedicata a sua madre scomparsa nel 2004 e che porta il suo stesso nome, La casa di Ninetta. «L’anno dopo mi misi a scrivere un libricino su di lei, nel tempo è diventato un monologo teatrale e ora un film - racconta al Corriere della Sera - Questo film è una lettera d’amore a lei».
La madre malata
Un esordio da regista dove si trova a suo agio, dove racconta una storia in ogni suo dettaglio, anche di Ninetta che rubava i gioielli. «Da anziana, malata di Alzheimer, le piaceva quello che brillava e semplicemente se lo metteva in tasca.
Il padre violento
Storia diversa quella vissuta con suo padre che l'abbandonò ancora bambina. «Era bello, seduceva, partì prima per la Germania e poi per il Brasile - racconta ancora l'attrice e ora regista al Corriere della Sera - Negli Anni 60 c’erano i magliari, i contrabbandieri. Francesco Rosi ci ha fatto un film. In Brasile ebbe due figli, i miei fratelli, uno bianco e uno nero, che non ho mai visto. Mi chiamarono quando mio padre morì. È sepolto lì, in Brasile». Un padre che ricorda «violento, difficile, non affidabile. Ma ci manteneva. Quando tornava a Napoli gli chiedevo: perché non vi separate? Mi rispondeva: come ti permetti, io e tua madre ci amiamo. Il matrimonio era una scelta per la vita. Le donne di una volta avevano grande dignità, in questa finta parità sei sessi, loro invece sapevano che l’uomo è diverso dalla donna, e l’accettavano».
I figli mancati
Lina e sua madre Ninetta hanno in comune forse la sfortuna in amore. Anche se la parola sfortuna non le piace. «L’amore è una cosa misteriosa. Già se hai vissuto due, tre storie d’amore è importante, e io le ho vissute. Certo avrei voluto una famiglia e dei figli».