Omicidio di Montello, tante bugie per coprire il capo del gruppo: dopo le dimissioni era pronto alla fuga

Omicidio di Montello, tante bugie per coprire il capo del gruppo: dopo le dimissioni era pronto alla fuga
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Domenica 7 Novembre 2021, 05:04 - Ultimo aggiornamento: 16:57

«Jiwan chi dobbiamo ammazzare ora?». Il commando che entra nell'abitazione di via Monfalcone, la sera di sabato 30 ottobre, aspetta la parola del capo, proprio Jiwan Singh, il primo degli indiani identificati e arrestati dalla polizia. E lui dice con chiarezza, come riferito da numerosi presenti: «Prendeteli e ammazzateli». E' una furia cieca, che lascerà un morto e 10 feriti. Tra questi ultimi c'è anche lo stesso il capo del gruppo, refertato per una frattura scomposta del radio del braccio sinistro, con prognosi di 21 giorni.

Gli agenti lo trovano diverse ore dopo il pestaggio all'ospedale di Velletri e la moglie spiega: «Stavamo dormendo, sono entrati i ladri in casa. Non so chi è entrato. A mio marito gli hanno spaccato il braccio, hanno spaccato tutti i vetri di casa». La presenza dell'uomo nell'abitazione di via Monfalcone era però già stata accertata dai poliziotti e la ricostruzione della moglie non appare che come un primo maldestro tentativo di allontanare i sospetti rispetto alla scena del crimine.

Più tardi tra l'altro, è lo stesso Jiwan ad aggiustare il tiro raccontando che quando i ladri sono entrati in casa la donna in realtà dormiva. Il tentativo di costruire un alibi dunque non regge. Tutti i presenti riconoscono la sua voce e la sua presenza nell'azione messa in atto dal gruppo armato. Qualcuno cerca anche di indirizzare gli investigatori verso una pista precisa: la vittima, Sumal Jagsheer, si era da poco distaccata dalla fazione di Jiwan, circostanza che potrebbe appunto inquadrare un possibile movente della spedizione punitiva. Per tutti gli arrestati il gip del tribunale di Latina Giuseppe Cario ravvisa il pericolo di fuga. Il capo sembrava pronto, dopo il pestaggio, a far perdere le sue tracce.
La.Pe.
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