LATINA - Era il primo giorno dell'entrata in vigore della circolare n.60, Uso consapevole del cellulare, che limita l'utilizzo del telefono a scuola, e al liceo Majorana di Latina è scoppiato subito il primo caso. Il fratello di una studentessa, un suo amico e poi anche il padre si sono precipitati dopo averla sentita in lacrime, ne è nato un parapiglia, sono volate parole grosse e alla fine è arrivata la polizia. Probabilmente finirà con una denuncia. È una storia che racconta molto del rapporto dei ragazzi con gli smartphone e anche di quello dei genitori con i propri figli.
I FATTI
Riavvolgiamo il nastro. Venerdì il preside del liceo scientifico Majorana, Domenico Aversano, dopo aver ragionato a lungo con i docenti prende la decisione e fissa delle regole per l'utilizzo dei cellulari. «La segnalazione di reiterati casi di cyberbullismo, i comportamenti scorretti nei confronti di alcuni docenti, nonché la questione relativa al telefono come distrattore e come isolamento nel gruppo, ci inducono a richiamare il regolamento d'Istituto» si legge nella circolare.
In questo primo mese di scuola sono già arrivate diverse segnalazioni: un docente ripreso a sua insaputa e finito sui social, foto dei ragazzi divulgate sui gruppi per dileggiarli o insultarli, e via così. Il regolamento dice che bisogna «tenere il telefono cellulare spento e in cartella durante le ore di lezione», ma viene decisa una stretta ulteriore. «Il cellulare al mattino andrà depositato in una apposita scatola. Il telefono sarà ripreso all'uscita, o comunque con il permesso del docente, se ad uso didattico».
Gli studenti non gradiscono, minacciano proteste, il tam tam nel week end cresce e si arriva a ieri mattina. Preside e professori se l'aspettavano, ma avevano invitato al buonsenso. «Siamo consapevoli di essere, con alta probabilità, impopolari, ma siamo anche convinti che la scuola debba recuperare l'aspetto della socializzazione e il rispetto dell'altro. Siamo anche consapevoli che il Majorana si è distinto sempre per il fatto di andare controcorrente e allora inizieremo la salita».
Ieri, alla prima ora, i docenti chiedono ai ragazzi di consegnare i cellulari.
LA CHIAMATA
Alla fine la ragazza, in lacrime, decide di scendere in presidenza. Viene ricevuta dalla vicepreside e ascoltata. La ragazza non cede e, soprattutto, non consegna il cellulare. Quando esce dall'ufficio, chiama casa in lacrime. I familiari si preoccupano e decidono di accorrere. Arriva il fratello con un amico, i due entrano a scuola e chiedono di vedere il preside. Vengono invitati a prendere un appuntamento e a tornare per un chiarimento, a freddo. Insistono, vogliono risolvere subito. La situazione degenera. Quando arriva la polizia tutti vengono identificati. I due non avevano titolo per entrare seduta stante. Poi arriva anche il padre della studentessa e dal racconto dei docenti proferisce frasi «irriguardose e irripetibili». Tutto per un cellulare. «Se la ragazza temeva così tanto che potesse essere smarrito poteva lasciarlo a casa» commenta un docente. La circolare era stata profetica: «Cosa potrebbe accadere se lasciamo il telefono fuori dal nostro spazio prossimale? Proviamo a capirlo!».