Latina, il poliziotto del Campo profughi racconta: «Amici e storie, vent'anni all'ex Rossi Longhi»

Latina, il poliziotto del Campo profughi racconta: «Amici e storie, vent'anni all'ex Rossi Longhi»
di Bianca Francavilla
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Giovedì 10 Giugno 2021, 05:02 - Ultimo aggiornamento: 11:00

Ci sono pezzi di storia che tornano a bussare alla porta anni e anni dopo. Come è successo all'ispettore in quiescenza della Questura di Latina, Giuseppe Mura, che due giorni fa ha ricevuto la Croce di Cavaliere dell'Ordine al Merito della Polonia per quanto fatto al campo profughi di Latina.


Per capire il perché basta parlarci qualche minuto: fino a 25 anni fa è stato il responsabile del centro operativo che dal 1957 al 1991 ha ospitato 80.000 rifugiati, ma oltre al rigore ha messo il cuore. Si pensi che in alcuni casi ha portato a casa sua donne e bambini per fargli fare la doccia, o altre volte li ha portati personalmente in farmacia a prendere quello di cui avevano bisogno. «Ho lavorato per 12 anni nella Squadra Mobile - racconta Mura - poi il comandante del posto di Polizia del campo profughi andò in pensione e mi disse di sostituirlo. All'inizio non volevo andare, ma lo feci lo stesso». E fu l'inizio di una nuova stagione lavorativa e di un lavoro con i rifugiati molto diverso rispetto a come sarebbe oggi. «I profughi di oggi continua l'ispettore vanno e vengono tranquillamente, mentre allora c'era un ferreo regolamento internazionale da rispettare e tutto era molto controllato. Entrava solo chi aveva documenti, che doveva esibire subito per poi sottoporsi a visite mediche, fotografie di riconoscimento e impronte digitali. Solo in seguito a questi passaggi gli veniva assegnato il posto dove stare nell'attesa che la commissione del Ministero analizzasse il loro fascicolo e decidesse l'eventuale asilo politico. Se potevano partire venivano lavati e vestiti, pronti per il viaggio».


Mura ne ha visti molti passare e i loro volti ce li ha ancora impressi. «I polacchi e i cecoslovacchi, ad esempio, venivano alloggiati in via Ezio. Oggi c'è ancora un fabbricato fatiscente dove al tempo si trovavano le famiglie. Noi li aiutavamo come potevamo, tante volte li ho portati in farmacia e anche a casa mia a fare la doccia».
Nel giorno in cui gli è stata consegnata l'onorificenza per l'assistenza che offrì ai profughi polacchi proprio negli anni 80' ha avuto anche il piacere di rincontrare un ospite del campo profughi diventato in quegli anni suo amico, vale a dire l'attuale Console Onorario della Repubblica di Kirghizistan Janusz Krzywoszyski. «È stato emozionante rincontrarlo continua ci siamo subito riabbracciati».

Le facce amiche erano tante, tanto che Mura non ha perso i contatti di coloro che tanti anni fa hanno alloggiato al campo profughi. «Mi ricordo di molti che la sera andavano a ballare al centro anziani di piazza del Quadrato perché si pagava poco ricorda -. Poi so che il proprietario di una lavanderia del centro ha sposato una signora polacca che lavora ancora lì e che in viale Kennedy c'è un calzolaio romeno oggi cittadino italiano che era da noi. È importante sottolineare che tutti i profughi che abbiamo ospitato, provenienti da Albania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia, Romania e Ungheria, non avevano dietro associazioni come adesso e non c'erano speculazioni dietro. Nessuno si interessava di loro».


Anche all'epoca erano episodi di razzismo. «La mattina le donne andavano a fare le pulizie, mentre gli uomini si mettevano in strada in attesa che passasse qualcuno che gli offrisse lavoro nei campi o nei cantieri. Ma capitava tante volte che se ne approfittassero e non li pagavano». Tutto funzionava sempre correttamentema accadevano anche cose strane. «Ero con l'assistente Mangolini racconta e un giorno abbiamo sentito una gran puzza. Pensavamo ci fosse un cadavere, così abbiamo chiamato Polizia e ambulanza. Abbiamo cercato e cercato lì dove dormivano le famiglie e alla fine abbiamo trovato un maiale bianco che lo stavano iniziando a bruciare. Come hanno fatto a farlo entrare non lo abbiamo mai capito».

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