Ad esempio la Uil nei giorni scorsi ha manifestato la propria contrarietà alla proposta avanzata dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, secondo la quale ogni anno di uscita anticipata dovrebbe costare il 3% dell'assegno. Con questo sistema - spiega la Uil - si perderebbero 1.755 euro l'anno nel caso di una pensione mensile lorda di 1.500 euro (livello minimo per chiedere l'anticipo secondo Boeri) e quasi 4.100 euro l'anno sempre nel caso di anticipo di tre anni per una pensione lorda da 3.500 euro mensili. In pratica - spiega il sindacato in una nota - si perderebbe oltre una mensilità l'anno. «La penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo - argomenta la Uil - avrebbe un costo troppo alto per i lavoratori. Un taglio lineare, inoltre, graverebbe maggiormente sulle spalle di chi percepirà trattamenti più bassi: chiedere un sacrificio di 135 euro al mese a chi ne percepisce 1500 euro lordi comporterebbe una notevole perdita. La Uil è contraria a una flessibilità costruita sulle spalle dei lavoratori, già fortemente penalizzati da tutti gli interventi sulla previdenza».
GLI EFFETTI
Un lavoratore che accede alla pensione a 63 anni e 7 mesi (tre anni di anticipo rispetto all'età di vecchiaia) con un trattamento pieno raggiungendo l'età di vecchiaia di 1.500 euro lordi mensili, dovrebbe rinunciare di fatto a oltre una mensilità l'anno, 1.755 euro, per il resto della vita. Un lavoratore che accede alla pensione con un trattamento pieno al momento del pensionamento pari a 3.500 euro lordi mensili vedrebbe il proprio assegno tagliato di 4.095 euro annui. Nel caso di anticipo di tre anni per un lavoratore che al momento del pensionamento avrebbe diritto a una pensione lorda di 2.500 euro l'anno la decurtazione sarebbe di 2.925 euro l'anno pari a 225 euro al mese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA