Migranti, stop alla solidarietà flessibile nell'Unione europea, Francia schierata con l'Italia

Migranti, stop alla solidarietà flessibile nell'Unione europea, Francia schierata con l'Italia
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Sabato 19 Novembre 2016, 01:10 - Ultimo aggiornamento: 13:16
La proposta slovacca di mediazione sulla riforma di Dublino, un non-paper (in gergo diplomatico, un documento non vincolante, fatto circolare per testare il terreno) intitolato «Effective solidarity: a way forward on Dublin revision», è stata stoppata, almeno per il momento, nella cena informale di ieri sera dei ministri dell'Interno dell'Ue a Bruxelles, dalla forte opposizione di un gruppo di Paesi, tra cui Italia, Germania, Grecia e Malta. La Francia, pur non schierandosi contro, avrebbe mostrato comprensione per le ragioni italiane. 

Più defilata la Spagna, che i problemi migratori li ha sistemati da un decennio, facendo accordi con i Paesi di partenza dei migranti (Senegal, Mauritania e altri). Il principio della solidarietà flessibile delineato nel documento, pur ribattezzato nominalmente «solidarietà effettiva», quindi, almeno per il momento è stato accantonato, anche se non è sicuro che l'accantonamento sia definitivo. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano sarebbe stato particolarmente duro, riprendendo la parola al termine della cena per ribadire la posizione italiana, esplicitata ieri sera all'arrivo nella sede del Consiglio: nessuna solidarietà flessibile, e si discute solo dopo che saranno rispettati gli obblighi di ricollocamento.

Un gruppo di Paesi, formato da Italia, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia e Malta, dovrebbe ora lavorare per individuare un'altra via per procedere. Nel documento della presidenza slovacca, che per ora è stato accantonato, nel caso di «circostanze particolarmente gravi», si prevede l'entrata in vigore di un «meccanismo eccezionale di crisi». In pratica, nel caso in cui il numero di arrivi di migranti fosse talmente elevato da «rendere il sistema di Dublino (centrato sul principio per il quale il richiedente asilo chiede asilo nel primo Paese Ue in cui mette piede, ndr) assolutamente disfunzionale», allora si renderebbe necessaria una «risposta collettiva ed eccezionale».

Ora si guarda a Consigli di dicembre Nella pratica, «ogni Stato membro sarebbe parte della soluzione, sotto la guida del Consiglio Europeo. Il Consiglio Europeo dovrebbe decidere, in questo caso, su misure addizionali di supporto, su base volontaria». Cioè, detto in altri termini, non ci sarebbe nessun obbligo di sostenere i Paesi in prima linea, come l'Italia e la Grecia, ma solo aiuti su base volontaria. Per Paesi esposti alle migrazioni per ragioni geografiche è una prospettiva difficile da accettare. 

È appena il caso di ricordare che, mentre l'Ungheria è governata da Viktor Orban, leader del partito di centrodestra Fidesz, Robert Fico, il premier slovacco, presiede un partito di centrosinistra, che fa parte del Partito Socialista Europeo: la questione delle migrazioni taglia trasversalmente gli schieramenti politici.  Ora il prossimo appuntamento sarà il Consiglio Affari Interni di dicembre, ha spiegato la portavoce della Commissione Europea per le migrazioni Natasha Bertaud, aggiungendo che «la Commissione lavora con la presidenza slovacca da mesi sul modo di far avanzare la discussione sulla proposta della Commissione di riforma del sistema comune di asilo europeo nel suo insieme, incluso il sistema di Dublino».

Germania spinge per trovare soluzione «Serve una politica di lungo termine per la gestione delle migrazioni - ha ricordato la portavoce citando il presidente Jean-Claude Juncker -  che funzioni per tutti gli Stati membri. La Commissione supporta gli sforzi della presidenza slovacca. La prossima tappa saranno il Consiglio Affari Interni e il Consiglio Europeo di dicembre».  Riguardo al documento, ha detto la Bertaud, «non discuterò di un non-paper discusso durante una cena informale tra i ministri. Posso solo dare la posizione generale della Commissione: noi sosteniamo gli sforzi tesi a ridurre le differenze» tra le posizioni degli Stati membri, con l'obiettivo di arrivare «ad una soluzione europea». I tempi potrebbero essere accelerati, questa volta (l'ultima volta che il sistema è stato riformato, ha ricordato il ministro dell'Interno slovacco Robert Kalinak, ci sono voluti sei anni di trattative), perché la Germania intende chiudere il prima possibile, a causa delle elezioni politiche dell'autunno 2017, dove la Cdu vede la concorrenza da destra di Alternative fuer Deutschland. 

È presto per sapere come si procederà nella trattativa per riformare il sistema. Gli scenari ipotizzabili sono diversi: quello che appare più probabile è che si accantoni definitivamente il principio della solidarietà flessibile e che si ritorni alla proposta della Commissione Europea di maggio, che manteneva il principio del Paese di primo arrivo, ma introduceva un meccanismo di equità, basato su una quota di riferimento ponderato per dimensioni e ricchezza del Paese (in estrema sintesi, se gli arrivi vanno oltre il 150% della quota, scatta automaticamente un meccanismo di ricollocamento dei rifugiati in altri Paesi, finché non si torna al di sotto della soglia). La proposta della Commissione non piaceva all'Italia, ma sarebbe comunque una base su cui negoziare, in ogni caso migliore della proposta slovacca, dove si legge che «ci sono molti modi per contribuire alla condivisione degli oneri connessi alle migrazioni», che vanno dal «ricollocamento di coloro che meritano la nostra protezione al supporto finanziario, al supporto per la protezione delle frontiere esterne, alla condivisione delle strutture di accoglienza, fino all'avere un ruolo più forte nelle operazioni di rimpatrio.  Per fare sì che il quadro venga percepito come equo, ogni Stato membro dovrebbe essere pronto a contribuire in modi diversi».

Ora le diplomazie si rimetteranno al lavoro: occorre mediare e trovare il consenso. Su una materia così delicata, anche se teoricamente è possibile, è improbabile che il Consiglio proceda a maggioranza qualificata. È vero che la presidenza maltese, che inizierà a gennaio, ha un interesse esistenziale all'introduzione di meccanismi di redistribuzione obbligatori dei rifugiati, essendo Malta uno Stato insulare con una superficie di soli 316 km quadrati e, quindi, particolarmente vulnerabile a flussi migratori sostenuti. È probabile che la presidenza maltese spingerà in questa direzione, ma è anche vero che si tratta di uno Stato piccolo. E i Paesi minori sono sensibili, per forza di cose, alle pressioni di Paesi più grandi, che hanno mille leve per far sentire il proprio peso. Questa è una delle preoccupazioni maggiori che i Paesi del fronte sud hanno, quella di ritrovarsi isolati contro un fronte di Paesi del Centro-Est-Nord Europa. Se si toglie la Germania, prossima alle elezioni, l'altro Paese di una certa dimensione è la Grecia, che però non è certo nelle condizioni di fare la voce grossa, essendo sottoposta a programma di salvataggio.  L'Italia, insomma, è l'architrave del fronte contrario alla 'solidarietà flessibilè. C'è un altro scenario, che potrebbe concretizzarsi, secondo le sensazioni raccolte a Bruxelles, se nel referendum costituzionale del 4 dicembre dovesse prevalere il 'nò, e quindi il governo italiano, chiunque lo presieda, ne uscisse indebolito. A quel punto, secondo questo scenario del tutto ipotetico ma non impossibile, i Paesi del Nord e Centro-Est Europa, davanti a un'Italia debole (e già echeggiano qua e là voci che chiedono una 'pacificazionè con l'Ue), potrebbero decidere di andare avanti, affossando qualsiasi concetto di solidarietà con i Paesi di primo arrivo. 

È probabile che, se si concretizzasse uno scenario simile, l'Italia farebbe quello che può, nel Consiglio, per farsi sentire, usando tutte le leve a disposizione.
Ma la necessità di una solidarietà tra i Paesi Ue per affrontare le conseguenze della crisi dei migranti, che in un'ottica italiana ed europea appare sacrosanta, dal punto di vista di altri Paesi, come quelli del Centro Est Europa, ancora poco toccati dalle migrazioni (fatta eccezione per l'Ungheria, che ha reagito ai flussi del 2015 costruendo un muro al confine con la Serbia), è molto meno scontata (pur essendo sancita dai trattati). I Paesi del Sud sono riusciti ad affermare la necessità di una solidarietà sul fronte migratorio, per evitare che tutta la pressione si scarichi su una regione italiana, la Sicilia, con molta fatica e solo dopo anni. E l'azione dell'Italia in questo ha pesato. In politica, nazionale e internazionale, e quindi anche nell'Unione Europea, i rapporti di forza contano. E un governo indebolito, per un Paese che già sconta l'handicap, che viene ricordato ad ogni pié sospinto, di un elevato debito pubblico, rischierebbe di avere poca voce in capitolo.  E l'Italia, Lampedusa e Sicilia in primis, potrebbe alla fine rimanere sola, anche se il presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, ha ricordato anche oggi, da Bolzano, terra alpina di confine, che in Europa serve una «solidarietà condivisa» per affrontare la crisi dei migranti«. Ma non sono pochi i partner Ue che continuano a fare orecchi da mercante.   
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