LA GUERRA

Mar Rosso, Usa e Gb attaccano postazioni Houthi nello Yemen. Gaza, all'Aja inizia il processo a Israele

Si discute l'accusa mossa dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per la guerra nella Striscia

Israele guerra diretta oggi 11 gennaio: Gaza, un piano per la pace, spinta degli Usa alla proposta del Qatar

Usa e Gb attaccano postazioni Houthi nel Mar Rosso

Gli Usa e la Gran Bretagna hanno lanciato attacchi contro postazioni Houthi in Yemen dopo che i miliziani hanno sfidato il monito a non proseguire i loro raid nel Mar Rosso. Lo riferisce il New York Times citando dirigenti americani. Secondo il quotidiano, è attesa la partecipazione di altri alleati, tra cui i Paesi Bassi, Australia, Canada e Bahrein, che dovrebbero fornire logistica, intelligence e altro supporto.

Gb, Sunak autorizza raid aerei contro gli Houthi

Il premier britannico Rishi Sunak ha autorizzato attacchi aerei britannici contro le posizioni militari Houthi nello Yemen per respingere gli attacchi dei ribelli appoggiati dall'Iran alle navi in transito nel Mar Rosso. Lo scrive il Times. Il Regno Unito si dovrebbe unire agli Stati Uniti e ad altri alleati nello svolgimento della missione «a breve», scrive il quotidiano. Gli attacchi Houthi hanno gravemente intralciato il commercio internazionale su quella che è una rotta chiave tra Europa e Asia.

l primo ministro ha convocato una riunione di gabinetto di emergenza alle questa sera per informare i ministri sull'impegno militare britannico. La riunione ha fatto seguito a un precedente incontro del comitato di emergenza "Cobra" del governo e del consiglio di sicurezza nazionale per discutere della crisi. Sir Keir Starmer, il leader laburista, e Sir Lindsay Hoyle, il presidente della Camera dei Comuni, sono stati informati dell'intervento militare.

Raid colpisce auto a Khan Younis, 8 morti

Otto persone sono rimaste uccise in un bombardamento israeliano che ha colpito un'auto civile nel quartiere di Al-Manara a Khan Younis, a sud della Striscia di Gaza. Lo scrive Al Jazeera. Secondo il network, 23 persone sono state uccise a Khan Younis dall'alba di oggi, durante le incursioni e i bombardamenti israeliani.

Israele: Sudafrica braccio giuridico di Hamas

Il Sudafrica è «il braccio giuridico dell'organizzazione terroristica Hamas». Lo ha denunciato Lior Hayat, portavoce del ministero degli Esteri israeliano, secondo cui oggi all'Aja «si è stati testimoni di uno dei più grandi spettacoli di ipocrisia nella storia, costruito su una serie di affermazioni false ed infondate». Il Sudafrica, ha spiegato, «ha distorto del tutto la realtà a Gaza dopo il massacro del 7/10 ed ha completamente ignorato il fatto che i terroristi di Hamas si sono infiltrati in Israele uccidendo, massacrando, violentando e rapendo cittadini israeliani solo perché tali, nel tentativo di compiere un genocidio».

«A Gaza un genocidio»: inizia il processo a Israele. La difesa: «Un altro caso Dreyfus»

«Israele ha commesso, sta commettendo e rischia di continuare a commettere atti di genocidio contro il popolo palestinese a Gaza». È l'accusa mossa dal Sudafrica contro lo Stato ebraico per la guerra nella Striscia, in un'istanza alla Corte internazionale di giustizia che sarà discussa oggi e domani in due udienze pubbliche all'Aja.

Forte l'indignazione in Israele, l'ex premier Bennett attacca: «è l'Affare Dreyfus del 21esimo secolo, uno spettacolo di ipocrisia, antisemitismo e vergogna».

Tajani: «Colpita popolazione Gaza, ma genocidio è un'altra cosa»

«Il genocidio è un'altra cosa, qui c'è un attacco che colpisce la popolazione civile», «abbiamo detto in tutti modi che non condividiamo gli attacchi alla popolazione, continuiamo ad invitare Israele a non superare i limiti della giusta reazione per sconfiggere Hamas». Lo ha detto a Radionach'io il ministro degli Esteri Antonio Tajani, rispondendo ad una domanda sull'udienza che si apre oggi all'Aja e aggiungendo che «non si può dimenticare quello che è successo il 7 ottobre quando cittadini israeliani sono stati presi uno per uno con una violenza inimmaginabile».

Netanyahu: «Non sposteremo popolazione civile da Gaza»

«Lasciatemi chiarire alcuni punti: Israele non ha intenzione di occupare in modo permanente Gaza o di spostare la sua popolazione civile». Lo ha detto il premier Benyamin Netanyahu in un intervento sui social la notte scorsa a poche ore dalla riunione questa mattina della Corte di Giustizia dell'Aja con Israele sotto accusa per 'genocidiò nella Striscia. «Israele - ha continuato - sta combattendo i terroristi di Hamas, non la popolazione palestinese e lo stiamo facendo nella piena conformità con la legge internazionale».

Netanyahu: «Israele non ha intenzione di occupare Gaza in modo permanente o di sfollare la sua popolazione civile»

«Israele non ha intenzione di occupare Gaza in modo permanente o di sfollare la sua popolazione civile». Lo ha assicurato il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un video in lingua inglese pubblicato stasera. «Voglio che alcuni punti siano assolutamente chiari - ha affermato - Israele non ha intenzione di occupare permanentemente Gaza o di sfollare la sua popolazione civile. Israele sta combattendo i terroristi di Hamas, non la popolazione palestinese, e lo fa nel pieno rispetto del diritto internazionale».

Onu, risoluzione che condanna e chiede lo stop immediato degli attacchi degli Houthi contro le navi nel Mar Rosso

Con 11 voti a favore e 4 astenuti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che condanna e chiede lo stop immediato degli attacchi condotti dagli Houthi contro le navi nel Mar Rosso. La risoluzione 2722 chiede anche che sia rilasciata la nave MV Galaxy leader ed il suo equipaggio, sequestrati nelle settimane scorse dai ribelli yemeniti sostenuti dall'Iran.

di Marco Ventura

 «Stiamo facendo tutto il possibile, lavorando ovviamente con gli israeliani, con il Qatar, con l’Egitto, con i Paesi che hanno rapporti di qualsiasi tipo con Hamas, per rimettere la questione degli ostaggi sui binari e continuare a riportarli a casa». Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, fa sentire tutto il peso degli Stati Uniti nella vicenda dei 132 ostaggi, vivi o morti, che Hamas continua a detenere nella Striscia.

E in un’intervista alla Tv Msnbc registrata dopo la tappa di martedì in Israele, si dice ottimista circa il possibile rilascio degli ebrei rapiti dai terroristi il 7 ottobre. «In passato siamo riusciti, nel pieno del conflitto, a liberare un centinaio di ostaggi e siamo concentratissimi su questo insieme a Qatar e Egitto, che siamo convinti vogliano seriamente impegnarsi».

A margine del tour di Blinken, il presidente Usa Biden ha inviato anche il suo consigliere per il Medio Oriente, Brett McGurk, in una missione meno pubblicizzata ma decisiva, in colloqui col primo ministro qatariota Mohammed bin Abdulrahman al Thani, per valutare le soluzioni alla crisi degli ostaggi ma anche gli scenari del dopoguerra a Gaza e nel Medio Oriente.

Il processo non è cominciato ieri, ma tempo fa con la trasferta mediorientale del capo della Cia, William Burns, che aveva incontrato l’Emiro del Qatar e gli omologhi israeliani. 


LA MISSIONE
La missione di Blinken, la quinta dal 7 ottobre, ha fatto sì che ieri sera l’intero gabinetto di guerra israeliano, presieduto da Netanyahu, abbia esaminato il piano del Qatar, che prevede la liberazione graduale degli ostaggi e l’esilio dei leader di Hamas dalla Striscia, in cambio di una tregua accompagnata dal ritiro (da definire in quali limiti) dell’esercito di Israele, e naturalmente dal rilascio di un numero congruo di palestinesi dalle carceri israeliane. Tel Aviv respinge per il momento il cessate il fuoco, perché pregiudicherebbe la vittoria e la distruzione delle capacità offensive di Hamas verso Israele; mentre per Osama Hamdan, portavoce dell’organizzazione terroristica, «è illusorio parlare di esilio della resistenza», tanto più che Israele a suo dire non avrebbe raggiunto «nessuno dei suoi obiettivi, e i suoi prigionieri non torneranno finché non saranno soddisfatte le condizioni della resistenza». Che si riducono a una: fermare l’aggressione. Blinken riconosce a Israele che c’è stata «una riduzione graduale delle operazioni al Nord e questo è importante».

Gli israeliani insistono che devono cessare completamente gli attacchi da Gaza come dal confine libanese per mano di Hezbollah, perché oltre agli ostaggi c’è la necessità di far tornare a casa i 200mila israeliani evacuati dalle zone di guerra, da territori sui quali tuttora cadono razzi e missili di Hamas e Hezbollah. Si difende inoltre Israele dall’accusa di avere ucciso a Gaza i giornalisti Hamza al-Dahdou e Mustafa Thuria, in quanto non sarebbero stati semplici cronisti ma «membri di organizzazioni terroristiche di Gaza», Hamas e Jihad islamica, «attivamente impegnate contro le truppe israeliane». Anzi, avrebbero avuto ruoli di comando. In Cisgiordania, Blinken ha poi incontrato il leader dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, dal quale avrebbe ottenuto l’impegno a sottoporre l’Anp a un processo di riforma interno, come ripetutamente reclamato da Washington. 


IL RIASSETTO
Il punto è dirimente in vista del riassetto della regione, perché il governo Netanyahu esclude che l’Anp possa governare Gaza, preferendo affidare le decisioni amministrative a clan e tribù locali. La Casa Bianca, al contrario, punta su una nuova leadership palestinese legata all’Anp di Abu Mazen, rinnovata e magari ringiovanita. Abu Mazen, a sua volta, ribadisce che l’Anp non accetterà mai i progetti ventilati da Israele di trasferimenti di popolazione palestinese fuori dalla Striscia.

Blinken riafferma infine il sostegno Usa a «misure tangibili per creare uno Stato palestinese accanto a quello di Israele, che vivrà in pace e sicurezza». La nascita di uno Stato palestinese è anche la condizione posta dall’Arabia Saudita per riprendere, finita la guerra, il percorso di riconciliazione avviato sotto gli auspici di Washington con lo Stato ebraico prima del 7 ottobre. Dopo la tappa di Ramallah, Blinken volerà al Cairo, dove si trova per la seconda volta una delegazione israeliana, mentre il capo dell’Intelligence egiziana, Abbas Kamel, tiene i contatti con Hamas e Jihad islamica, anche lui in vista di uno scambio tra ostaggi, lasciapassare per i leader di Hamas rintanati nei tunnel di Gaza, e dall’altra parte la fine dei bombardamenti e il rilascio di detenuti. 
 

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