Ancona, clochard fa causa al Comune: «Levate l'ordinanza contro i bivacchi, se dormiamo per strada è un deficit delle istituzioni»

Il clochard ha contestato il provvedimento deciso dal primo cittadino, facendo ricorso al Tar e affidandosi all'Associazione Avvocato di Strada

Ancona, clochard fa causa al Comune: «Levate l'ordinanza contro i bivacchi, se dormiamo per strada è un deficit delle istituzioni»
di Federica Serfilippi
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Giovedì 19 Ottobre 2023, 06:34 - Ultimo aggiornamento: 06:35

Un senzatetto contro l'ordinanza anti-bivacchi del Comune. In tribunale. Tutto nasce l'estate scorsa, ad Ancona. Con segnalazioni continue di bivacchi e camping abusivi improvvisati da clochard e senza fissa dimora nei luoghi più rappresentativi della città. Materassini, pezzi di cartone, coperte, rimasugli di cibo ed escrementi: le cartoline del degrado sono arrivate dal porto, dalle centralissime piazze e dalla spiaggia cittadina del Passetto, dove alcuni richiedenti asilo erano stati sorpresi a dormire in spiaggia e sui lettini dello chalet. «La misura è colma, bisogna intervenire per riportare il decoro» aveva tuonato il sindaco di centrodestra Daniele Silvetti, eletto a maggio, anticipando le intenzioni poi messe nero su bianco nell'ordinanza anti-degrado firmata il 31 agosto. In sintesi: bivacchi proibiti in dieci zone della città. È vietato «sdraiarsi, dormire e bivaccare per gran parte del giorno e della notte» sul suolo pubblico, sui gradini degli edifici pubblici e privati, sulle aree verdi e sugli arredi urbani. È anche proibito «mangiare e bere occupando il suolo pubblico, aperto al pubblico o ad uso pubblico. Ok ai break sulle panchine a patto che si adotti «un comportamento consono al decoro pubblico e al senso civico».
Ma nei giorni scorsi l'ordinanza è stata impugnata da un uomo senza fissa dimora. Il clochard ha contestato il provvedimento deciso dal primo cittadino, facendo ricorso al Tar e affidandosi all'Associazione Avvocato di Strada, organizzazione di volontariato che si occupa dei diritti delle persone che non hanno un tetto sotto cui dormire. La riflessione alla base del ricorso è questa: «Non si può sanzionare chi non ha dove vivere o dormire, e trova soluzioni di fortuna: è un deficit delle istituzioni e i senza dimora non hanno colpa».

L'UDIENZA

L'udienza è stata fissata per l'8 novembre, mentre l'ordinanza scadrà il 31 ottobre. Se non dovesse essere prorogata, il caso potrebbe essere archiviato. Ma, intanto il ricorso del clochard è stato preso in carico dai giudici amministrativi. L'ordinanza si muove su due direttrici: «Colpire i fenomeni di degrado civico localizzato» e tutelare il decoro «della convivenza civile», soprattutto nella zona del centro. Chi ha fatto ricorso si è fatto portavoce di chi, per necessità, si ritrova a vivere per strada. «Queste persone - spiega l'Associazione Avvocato di Strada - sono in prevalenza richiedenti asilo e o non sono riusciti, non per colpa loro, a entrare nell'orbita dell'accoglienza. Non avendo un posto dove vivere, o quantomeno dormire, è normale che scelgano soluzioni di fortuna».
L'ordinanza prevede, in caso di bivacchi, multe dai 25 ai 500 euro. Soldi che, probabilmente, chi è costretto a dormire sotto le stelle non ha. «Perché se sta su una panchina il turista di una crociera non succede nulla e se lo fa un senza fissa dimora viene multato?» chiede ancora l'Associazione, parlando di un atteggiamento «discriminante e discrezionale» che emerge dall'ordinanza, che finora ha portato ad emettere un paio di sanzioni
Sono invece innumerevoli le operazioni di sgombero eseguite dalle forze dell'ordine a partire dall'ultima estate.
Operazioni che hanno, di fatto, smantellato i camping abusivi e allontanato gli occupanti. L'ordinanza è stata pensata anche a seguito dal Comitato per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica, a cui a fine agosto avevano partecipato prefetto, questore e sindaco proprio per trovare una soluzione ai fenomeni di degrado diffuso, «che contrastano - si legge nell'ordinanza - con il decoro e la vivibilità urbana e che si concretizzano nell'occupazione impropria» degli spazi cittadini. Fenomeni che hanno minato «la vivibilità urbana nel suo complesso» comportando anche «maggiori costi legati alla necessità del ripristino degli arredi monopolizzati onde garantire il rispetto dell'igiene pubblica».

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