C’è chi si è spaventato ed è corso in banca a ritirare i soldi. E c’è chi invece ha immediatamente “fiutato” che nell’emergenza si potevano fare grandi business. Soprattutto nella prima fase, quella del lockdown. Quando le mascherine e i gel disinfettanti erano scomparsi dal mercato c’è chi ne ha approfittato per importare e vendere materiali contraffatti, per fare milioni con triangolazioni e intermediazioni con l’estero, per speculare vendendo ai cittadini spaventati e alla sistema sanitario i dispositivi di protezione a prezzi esorbitanti. Ma c’è anche chi, nella seconda fase, quella degli aiuti economici da parte dello Stato alle imprese, ha provato ad arricchirsi accaparrandosi fondi non dovuti. Quello descritto nella relazione dell’Uif, l’unità di informazioni finanziaria presso la Banca d’Italia che riceve le segnalazioni di operazioni sospette da banche, notai, commercialisti, Poste e guidato da Claudio Clemente, è facilmente battezzabile come il «business della pandemia».
Mascherine nei ristoranti, bar e sui mezzi pubblici: ecco dove adranno ancora indossate
Un business sul quale, come è emerso dalle indagini e dalle segnalazioni, si sono buttati anche i politici (persone politicamente esposte e altri soggetti che hanno rapporti con la politica).
La nuova frontiera
Ma finito l’assalto al business dell’emergenza legato alla pandemia, la criminalità economica già si prepara al prossimo appuntamento: quello con i 248 miliardi di spesa pubblica legata al Recovery plan. «Le attività criminali innescate dalla pandemia», ha spiegato Clemente durante la sua relazione, «non si esauriranno con il riassorbimento dell’emergenza sanitaria ma, se non adeguatamente fronteggiate, continueranno a gravare sul nostro futuro, trovando ulteriori importanti opportunità anche nei nuovi interventi pubblici». Intanto i rischi di riciclaggio arrivano anche da altri fronti: i “bancomat” privati, non di una banca, che sono installati da società finanziarie nelle strade dei centri storici o in esercizi commerciali particolarmente esposti. Da lì arrivano flussi di contanti sospetti o di conversione di criptovalute. Proprio sulle operazioni online di criptovalute peraltro la Uif ha rafforzato i controlli che subiranno una ulteriore stretta con il decreto ministeriale in arrivo. Sui contanti in generale, Clemente sottolinea come in Italia ci sia un uso ancora molto forte e spesso riconducibile ad attività di riciclaggio. Le segnalazioni totale all’Uif nel 2020 hanno raggiunto i 215 miliardi di euro.