«In tutta l'area dell'isola di Capri non è stato possibile riscontrare alcun tratto di costa non interessato negli anni dal prelievo dei datteri di mare. Anche nelle aree apparentemente intatte si notano chiari segni dell'estrazione dei molluschi bivalvi, fino a 20 metri di profondità». Metà della parete rocciosa sommersa dei Faraglioni, inoltre, è stata «completamente desertificata». La relazione firmata dal professor Giovanni Fulvio Russo, ordinario di Scienze Biologiche ed Ecologia alla Parthenope, non lascia spazio a interpretazioni. Dai Faraglioni alla costa dell'isola azzurra, passando per la Penisola sorrentina e fino al Molosiglio di Napoli, i datterari hanno «alterato l'ecosistema» causando un vero e proprio disastro ambientale.
LE MISURE CAUTELARI
Sei persone sono finite in carcere, altre sei ai domiciliari e sette sono state sottoposte a misura cautelare più lieve emessa dal gip Egle Pilla, al termine di un'inchiesta condotta dai finanzieri del Reparto Operativo Aeronavale di Napoli, coordinati dal pm Giulio Vanacore e dalla Procura napoletana. L'inchiesta ha permesso di ricostruire una parte della «devastazione in corso dai primi anni 2000 sulla costa sorrentino-caprese e napoletana» messa in atto da due gruppi familiari ben distinti: il primo con base a Napoli, riferito alla famiglia Amato; il secondo, a Castellammare di Stabia, gestito dai cugini Avella-Viola, legati agli ambienti della camorra degli Imparato, gruppo alleato al clan D'Alessandro. Il gruppo napoletano ha potuto contare anche sulla complicità di due militari, che sono stati sottoposti a divieto di dimora in Campania per rivelazione di segreto d'ufficio.
Associazione per delinquere, disastro ambientale, ricettazione e altre contestazioni di reati ambientali sono le accuse a vario titolo contestate agli indagati.
LA ROCCIA
A ottobre di quell'anno, però, i finanzieri riuscirono a sottrarre circa 20 chili di datteri saccheggiati tra le 2 e le 5 della notte dai Faraglioni di Capri. Lì, infatti, le dimensioni del frutto di mare è maggiore perché il mollusco ha un'età maggiore e quelle rocce calcaree rendono perfetta la proliferazione. «In un metro quadrato di roccia caprese scrivono gli esperti riescono a crescere fino a 659 datteri». Di quelli grandi, come specificano gli indagati durante alcune conversazioni intercettate: «Se vado da sopra (a Capri), sono più grandi. Ma stanotte c'era troppa tramontana, siamo andati di sotto (punta Scutolo, a Vico Equense)». In circa un anno i datterari e i ricettatori hanno commercializzato circa 8 quintali di molluschi, con un guadagno che arrivava anche a 250 euro ad uscita e fino a 3mila euro ciascuno al mese. Bussolotti, limoni, babà, jolly, i datteri cambiavano spesso nome. Sotto sequestro sono finite due pescherie napoletane, un chiosco stabiese, imbarcazioni e attrezzature.