Rai, ecco la riforma: meno tg, canone per una rete e prepensionamenti

Rai, ecco la riforma: meno tg, canone per una rete e prepensionamenti
di Alberto Gentili
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Mercoledì 4 Giugno 2014, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 17:04

Fedele alla linea della non ingerenza e non interferenza, Matteo Renzi si mantiene distante dalla Rai e dalle beghe interne a viale Mazzini. Ma dopo la proclamazione di uno sciopero che ha definito «umiliante», il premier ha affidato a una task force composta dal viceministro Antonello Giacomelli, dal sottosegretario all’Editoria Luca Lotti e dai deputati Paolo Gentiloni e Michele Anzaldi, il compito di stilare il piano d’azione per «rendere la tv pubblica moderna, competitiva e libera dai partiti».

Il gruppo di lavoro è partito dal ”manifesto” vergato da Renzi tre anni fa insieme al dirigente Rai Luigi De Siervo. Un pamphlet che l’allora sindaco di Firenze illustrò con queste parole: «Oggi la Rai ha 15 canali, dei quali 8 hanno una valenza pubblica. Questi vanno finanziati attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai1 e Rai2, devono essere finanziati esclusivamente con la pubblicità, con affollamenti pari a quelli delle reti private». Traduzione: Rai3 finanziata con il canone e la sola tv generalista pubblica, Rai1 e Rai2 sul mercato ma non necessariamente privatizzate. «Di questi tempi sarebbe praticamente impossibile trovare un compratore», dice uno dei componenti della task force.

IL LAVORO DELLA TASK FORCE

Il manifesto renziano verrà limato nei prossimi mesi in occasione degli ”Stati generali dell’editoria”, cui lavorano Giacomelli e Lotti. Le linee guida sono già cinque. La prima è il «superamento della tripartizione Rai1, Rai2, Rai3 ereditata dal patto politico tra Dc, Pci e Psi del 1975 e ormai del tutto anacronistica». La seconda è la definizione del perimetro aziendale: «Servono ancora 15 canali, di cui tre generalisti?», si chiede la task force, già convinta che la risposta debba essere un gigantesco “no”: «Nessuna tv pubblica al mondo ha un numero così elevato di canali». La terza linea guida è mettere a fuoco il numero “necessario” di edizione dei tiggì.

«Attualmente», spiegano a palazzo Chigi, «sono in quantità assolutamente abnorme, ciò renderà necessario ridurre il numero delle edizioni dei telegiornali in modo da contenere i costi». La quarta è stabilire la modalità di finanziamento: canone, non canone, quanto canone, a chi. E la quinta, infine, sarà modificare il sistema di governance cambiando i connotati alla legge Gasparri: «Mai più i partiti potranno piazzare i loro esponenti in Rai».

L’occasione della rivoluzione sarà l’anticipo di due anni della Convenzione tra Stato e viale Mazzini. E il varo, appunto, di una nuova legge sull’emittenza.

«La metteremo nero su bianco entro l’autunno», garantiscono nella task force. Inevitabile per il governo che il piano di «efficientamento e di riorganizzazione», con la nascita di una «media company in grado di fornire contenuti a tutte le piattaforme», porti a una riduzione del personale. Per questo, nelle ultime ore, il direttore generale Luigi Gubitosi e la presidente Annamaria Tarantola, hanno cominciato a sondare il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. L’obiettivo è il varo di un ”tavolo” per individuare le forme con cui sostenere un piano di prepensionamenti tra i 1.650 giornalisti. «Bisogna ringiovanire l’azienda e, se possibile, assumere dei giovani», ha detto ieri Gubitosi in una intervista. Ma per farlo occorre individuare degli “scivoli” simili a quelli utilizzati per fronteggiare negli ultimi anni la crisi della carta stampata.

La cura dimagrante non è legata, secondo il governo, al prelievo di 150 milioni introdotto per finanziare il taglio di 80 euro dell’Irpef. Per far fronte a questo taglio, Gubitosi e Tarantola hanno deciso di vedere una quota di minoranza di Raiway, l’azienda che con le sue ”torri” trasmette il segnale tv su tutto il territorio nazionale. Ed è notizia di queste ore il pressing del direttore generale e della presidente Rai per ottenere dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, l’autorizzazione formale a procedere alla vendita di Raiway. Con un problema non da poco: il governo vuole prima sapere come viale Mazzini impiegherà la plusvalenza che incasserà. Il taglio è infatti di 150 milioni, mentre la quota di minoranza di Raiway potrebbe valere tra i 400 e i 500 milioni.

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