Processo Mollicone, Garofano: «Serena aggredita in caserma». Scontro tra consulenti

L’ex generale del Ris ascoltato in corte d'assise d'appello il consulente della famiglia della 18enne assassinata ad Arce nel 2001

La 18enne assassinata nel 2001
di Vincenzo Caramadre
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Mercoledì 24 Gennaio 2024, 16:55 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 15:57

«C’è la quasi certezza che Serena Mollicone si trovasse nella caserma dei carabinieri di Arce. E al 98% è lì che fu aggredita. Questa è la conclusione a cui siamo arrivati», lo ha sostenuto l'ex generale del Ris, Luciano Garofano ascoltato in aula come consulente delle famiglia Mollicone (del papà Guglielmo, deceduto nel 2020, dello zio Antonio e della sorella Consuelo).

Ieri nuova udienza in appello dove si sta riproponendo lo scontro tra i consulenti delle parti. Dinanzi alla prima sezione, presieduta Vincenzo Capozza, dove si sta celebrando il processo di secondo grado per l'omicidio di Serena Mollicone, assassinata il primo giugno 2001 ad Arce, sono stati ascoltati due consulenti delle parti civili e uno della difesa. Un dibattimento nel quale si stanno rivalutando, alla luce dell'appello della procura di Cassino, le posizioni dei cinque imputati, Franco, Marco ed Annamaria Mottola, Vincenzo Quatrale e Francesco Suprano, tutti assolti dalla corte d'assise di Cassino il 15 luglio 2022. L'ex numero uno dei Ris Garofano ha snocciolato una precisa tesi, secondo la quale c'è «convergenza» sulle indagini svolte. Alla base della consulenza, del generale Garofano e della dottoressa Laura Volpini, c'è un modello statistico, basato sulla teoria bayesiana o teorema delle probabilità delle cause. Dunque per il consulente della famiglia Mollicone è «certo che Serena fosse in caserma la mattina del primo giugno 2001, la probabilità che fosse stata colpita nella caserma è pari al 98 percento e che fosse stata urtata contro la porta al 95 percento».
Convergendo, così, sull'ipotesi dell'accusa secondo la quale, la 18enne era in caserma e, nel corso di un litigio con il figlio dell'ex maresciallo Mottola, sarebbe stata sbattuta contro una porta di legno presente nell'appartamento a trattativa privata. La morte, infine, ricondotta al soffocamento meccanico con una sacchetto di plastica attorno alla testa.
 

LA CONTESTAZIONE
La tesi della morte per soffocamento meccanico è stata condivisa, anche dal professor Saverio Potenza consulente della difesa dell'ex luogotenente Vincenzo Quatrale. Ma il professor Potenza ha contestato - esattamente come avvenuto in primo grado - le conclusioni dell'accusa (elaborate nella consulenza della professoressa Cristina Cattaneo) sulla probabile compatibilità tra il segno di rottura trovato sulla porta e la frattura cranica sul capo della vittima. Per Potenza un colpo contro la porta avrebbe «coinvolto anche altre parti del capo, come la regione frontale o mandibolare, che non c'è». Per cui l'urto contro la porta sarebbe un'ipotesi di stordimento della 18enne del tutto «residuale».
Contestata di conseguenza anche l'ora del decesso, per l'accusa il pomeriggio del primo giugno, giorno della scomparsa, per il consulente la mattina del 2 giugno.

Infine è toccato alla criminologa Roberta Bruzzone, consulente di Armida Mollicone, zia di Serena. Ha parlato di «delitto d'impeto» e ricostruito l'intera vicenda con riferimento alle ultime ore di vita della 18enne. Per Bruzzone «il sacchetto di plastica sulla testa è stato inserito dall'assassino per evitare di lasciare tracce della vittima nel luogo dov'è stata assassinata». Ed ha concluso che «non è il bosco di Anitrella». Ma Bruzzone si è soffermata anche «sulla piena attendibilità di Tuzi», il brigadiere morto suicida nel 2008, dopo aver rivelato di aver visto la ragazza in caserma la mattina del primo giugno 2001. Era in programma anche l'escussione di un'altra consulente, il medico legale Luisa Regimenti, ma è slittata. Si torna in aula il 30 gennaio quando sarà ascoltato il criminologo Carmelo Lavorino. Sono già in calendario tre udienza a febbraio: entro l'estate, se non prima, la sentenza.

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