Maurizio Cocco, l'ingegnere di Fiuggi in carcere da 19 mesi in Costa d'Avorio. Il figlio: «Accuse cadute, il Governo ci aiuti»

I reati per quali era stato arrestato nel giugno 2022 sono spariti, ora gli contestanti una presunta evasione fiscale

Maurizio Cocco, 61 anni, di Fiuggi insieme alla moglie Assunta Giorgili
di Pierfederico Pernarella
4 Minuti di Lettura
Lunedì 15 Gennaio 2024, 07:53

«Lo hanno arrestato per traffico internazionale di stupefacenti, ma le accuse sono cadute subito dopo. Poi gli hanno contestato il riciclaggio, ma è stato provato che si trattava di un normale scambio di denaro per questioni di lavoro. Ora gli addebitano l'evasione fiscale, ma come era successo per i casi precedenti senza alcuna carta o straccio di verifica. Nel frattempo mio padre, da innocente, si è fatto già oltre un anno e mezzo di carcere». Francesco Cocco è preoccupato, molto preoccupato. L'odissea del padre, Maurizio Cocco, sembra non avere fine. Col tempo, anzi, la sua situazione diventa sempre più assurda. L'ingegnere di Fiuggi si trova in carcere in Costa d'Avorio. Nel paese africano il professionista ciociaro lavorava nel settore delle costruzioni. La sua vita si è fermata all'alba del 2 giugno del 2022 quando venne arrestato nell'ambito di un'operazione contro il narcotraffico e il riciclaggio.

LE CARTE

L'ingegnere fiuggino ha gridato sin dal primo giorno la propria innocenza.

Ora a dargli ragione ci sono anche le carte. A Maurizio Cocco hanno notificato l'atto di chiusa inchiesta in cui appunto si dichiarano cadute le accuse di traffico internazionale di droga e di riciclaggio. La prima accusa per la verità era caduta subito, quella di riciclaggio si è dimostrata inesistente con le successive verifiche: «Un imprenditore - spiega il figlio - ha confermato che aveva pagato mio padre in contanti per alcuni lavori edili. I soldi, tutti, erano stati poi versati sul conto corrente con la fattura, anche perché senza fattura non avrebbero accettato soldi in contanti».

A sorpresa però gli contestano l'evasione fiscale. Per quale somma? Lo hanno provato a chiedere gli avvocati africani e lo stesso ciociaro nel corso di un faccia a faccia con i magistrati. Non c'è stata risposta. Nelle stesse carte processuali non ci sono importi e Cocco negli anni non ha mai ricevuto verifiche fiscali: «Mio padre - spiega il figlio Francesco - avrebbe dovuto presentare il bilancio della propria società dopo l'estate, ma come poteva farlo se si trovava in carcere, aveva i conti bloccati e tutto il resto sotto sequestro. Ma al di là di questo, è assurdo stare in carcere per un'accusa del genere, ancora più assurdo se quest'accusa è stata mossa senza alcuna contestazione specifica. Senza contare che mio padre si è fatto 18 mesi dietro le sbarre. Quindi avrebbe scontato già l'eventuale pena, sia pure per un reato mai commesso».

IL PROCESSO

I termini della custodia cautelare, 19 mesi, sono scaduti. Intanto lo scorso 12 gennaio, per Cocco è iniziato il processo. Da carcerato. Sono stati ascoltati i primi due testimoni, ne devono ascoltare un'altra ventina. Si rischia di andare per le lunghe. Gli avvocati africani di Cocco hanno contestato che non si può fare un processo per evasione fiscale se prima non c'è stato un accertamento dell'agenzia delle entrate locale. «Il nostro sospetto - confessa il figlio - è che l'autorità giudiziaria ivoriana voglia che mio padre paghi la cauzione. Altri che si trovavano nella sua stessa posizione hanno pagato e sono tornati liberi il giorno dopo. Ma mio padre non intende farlo perché dice: "io sono innocente"».

Intanto però l'ingegnere ciociaro dimagrisce a vista d'occhio. Ora pesa poco più di 40 chili. Ha 61 anni e il fisico non è più quello di un giovanotto: «Spesso - spiega ancora il figlio - sta male di stomaco perché lì ogni due giorni va via la corrente elettrica, gli alimenti surgelati si scongelano e vengono surgelati di nuovo. In cella sono in quattro e le temperature arrivano anche a 50 gradi. Una situazione insopportabile che ci getta nella disperazione. Perché, ripetiamo, mio padre si trova in carcere da innocente . Ora sono le carte dell'autorità giudiziaria ivoriana a dirlo».

L'APPELLO

La famiglia Cocco torna ad invocare l'intervento del Governo italiano: «Lo abbiamo fatto già in passato, ma senza risultato. Sappiamo che i rapporti tra i due paesi sono buoni - dice Francesco - L'Italia finanzia i posti di frontiera, le scuole di polizia e addestra i loro militari. Un cittadino italiano non può essere abbandonato così, senza la possibilità di avvalersi dei propri diritti, arrestato con accuse rivelatesi infondate e ora, dopo 19 mesi, ancora in carcere per una presunta evasione fiscale spuntata dal nulla. La premier Meloni e il ministro Tajani ci aiutino, non so ancora per quanto mio padre potrà sopportare questa situazione».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA