Maria Latella

Governo, il duello fra Conte e Renzi e lo strano silenzio su un rimpasto solo al femminile

Governo, il duello fra Conte e Renzi e lo strano silenzio su un rimpasto solo al femminile
di Maria Latella
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 6 Gennaio 2021, 08:50 - Ultimo aggiornamento: 17:15

Ricordate Nanni Moretti sul palco di piazza Navona, il 2 febbraio 2002? Ricordate il suo “Con questi dirigenti non vinceremo mai?”. Ecco, ventuno anni dopo, verrebbe da riproporre l’anatema di Nanni Moretti in chiave parità di genere: “Con queste italiane silenziose e remissive, la parità di genere ce l’avremo mai?”. 


Mentre altrove si celebra la cosiddetta “era delle donne” con Joe Biden che ne porta alla Casa Bianca un plotone, da Kamala Harris alla task force della comunicazione (tutta femminile), in Italia si assiste, appunto in silenzio, al gioco di società “rimpasto delle ministre”. “Troncare e sopire” o meglio “far finta di niente”. Tanto se sostituiscono le ministre vuol dire che non contano, dunque perché inimicarsi i maschi che invece contano? A che pro difendere qualcuno che domani o dopo non ci sarà più?


Perciò, da settimane, i cronisti scrivono come fosse la cosa più naturale del mondo che Catalfo al Lavoro, Azzolina all’Istruzione, De Micheli alle Infrastrutture potrebbero essere sostituite. Solo donne. Possibile che solo loro non siano all’altezza del compito? Il ministero più appetito è quello della De Micheli e proprio per questo, si sospetta, il silenzio attorno a lei è calato implacabile. Sulla Azzolina giocano a freccette tutti i giorni, presidi, insegnanti, scienziati. Le mamme che vogliono far tornare nei licei e negli istituti tecnici i figli a rischio di depressione (o peggio ancora non hanno capito perché si dovrebbe ricominciare daccapo con un nuovo ministro, ma questi son dettagli). 
Della Dadone, alla pubblica amministrazione, poco o nulla si dice forse perché il suo ministero viene considerato fonte di grandi rotture di scatole o forse perché lei è stata così astuta da sparire dai radar: come in una battuta di caccia, se ti nascondi magari non ti scovano o si dimenticano di te. Vale lo stesso per l’altra ministra dei 5 Stelle, Paola Pisano, alla guida della digitalizzazione. Sarebbe il ministero del futuro. Lei saggiamente sta acquattata, ma non è detto che sfugga alla mattanza.


Luciana Lamorgese, autorevole e seria ministro dell’Interno, viene sempre descritta come “tecnico e dunque priva di sponda politica”. Ah, l’implacabile leggerezza delle cronaca. Tecnica e pure senza sponda? In Italia, peggio di una condanna senza appello. Torna in mente “Boris”, indimenticabile serie tv di Sky. Ricordate lo sfogo del dirigente televisivo, disperato all’idea di dover licenziare il regista René Ferretti? “Sei bravo, sei pure simpatico il che aiuta. Una sola cosa ti avevo chiesto: fai una telefonata. Che ti costava una telefonata per farti raccomandare?”. 
Ecco, diciamo che la ministra Lamorgese quella telefonata non la fa.

Chi ha dietro? Nessuno. Sacrificabile.

 
La situazione più surreale, però, è quella della ministra per le Pari Opportunità, Elena Bonetti. Lei non fa parte del rimpasto. Lei è più avanti. Si fa addirittura sostituire via intervista. 15 dicembre 2020, Matteo Renzi. “Le ministre di Italia Viva pronte a dimettersi”. Seguono, a distanza di giorni, le diligenti prese di posizione delle due ministre già dimesse dal capo, Bonetti e Bellanova. “Ho le valigie pronte” dichiara la donna alla guida del Ministero per le Pari Opportunità. Anche qui, torna in soccorso la satira di “Boris”, nella puntata in cui allo stagista fanno firmare in anticipo la lettera di dimissioni. “Cosi non perdiamo tempo”, gli spiega serafico il capo della produzione. 


Ecco, nel generale sconforto per la pandemia che, dalla Germania alla Lombardia, inquieta non poco. Nel generale sconforto per l’economia e per i disoccupati presenti e futuri, quelli che, non andando a scuola da un anno, chissà quali lavori troveranno domani. In tutto questo, appunto, anche la fiammella accesa sembra troppo flebile per scaldare un po’. Tra le poche cose buone del Covid c’era, c’è, l’aver messo in luce il talento delle donne. Medici, scienziate, infermiere, leader politiche. Il 2021 sarà l’anno in cui la leadership femminile si affermerà senza tentennamenti, abbiamo detto, letto, scritto. E’ arrivata Kamala Harris, hanno pure rieletto Nancy Pelosi, che vuoi di più? Anche la serie più amata del momento, La regina degli scacchi, rende omaggio alla resilienza delle donne.
E invece no. Non so altrove, ma in Italia è il gioco del silenzio, non gli scacchi, il solo esercizio al quale sembrano applicarsi uomini e donne, di potere e non. Gli uomini perché sono i soli ai quali, ancora e sempre, spetta decidere. Le donne per vari motivi. Proviamo a immaginarne alcuni? Proviamo. 1) Perché sono state nominate da uomini che possono (come si vede) decidere del loro destino. 2) Perché troppo insicure o troppo poco generose per preoccuparsi del messaggio che arriva al resto delle italiane (il messaggio Boris, per capirci: “E falla questa telefonata, che ti costa?”). 3) Terza e ultima ipotesi: perché sono in coda per sostituire le colleghe eventualmente rimpastabili. 


Sarebbe, questa terza, l’ipotesi più logica. Se la politica è “sangue e m...”, come diceva Rino Formica, la cinica scelta di prendere il posto di un’altra ci sta. A patto però di rivendicarlo senza fischiettare facendo finta di essere arrivata lì per proprio merito. E a patto di avere il pudore di non dire, mai più, che le donne fanno politica in maniera diversa dagli uomini. Resta il dubbio sull’applicabilità dell’anatema Nanni Moretti al caso in questione: con italiane così distratte, remissive e silenziose, la parità di genere ce l’avremo mai?

© RIPRODUZIONE RISERVATA