Se ormai è da tempo convinzione comune, un avanzamento di civiltà, l’insostenibilità dell’affermazione di Ovidio sulla violenza “haud ingrata puellae”, oggi bisognerebbe sperare che i propositi ai diversi livelli per la prevenzione della violenza contro le donne non durino lo spazio di un mattino per eclissarsi mentre si attenuano le indignazioni e la tristezza per l’assassinio di Giulia, come purtroppo finora è accaduto dopo tante altre vicende di femminicidio. Oggi qualcosa di diverso si manifesta con un impegno convergente delle diverse parti politiche e sociali e con passi significativi a livello parlamentare. La violenza ha comunque diversi aspetti, accanto a quella fisica, che purtroppo sta all’apice.
Esiste anche una violenza economica, al fianco di quella morale o che con essa si associa. Non va confusa con il “ gender gap”. Non è soltanto un problema, pur fortemente avvertito, della scarsa presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle società o ai vertici delle carriere o negli organismi decisionali della politica e delle istituzioni. Qui siamo nel campo dell’ancora non conseguita, anzi lontana, affermazione delle pari opportunità, per non parlare della tuttora lontana parità salariale: tutto ciò si può considerare violenza nel senso che domina una prevalente affermazione maschile che ostacola la valorizzazione del merito, mentre è diffusa la consapevolezza che del progresso verso la parità beneficia l’intero sistema economico e finanziario per l’apporto della sensibilità, della visione e delle potenzialità e capacità della donna.
Vi è poi il tema generale dell’autonomia economica delle donne, il quale riguarda lo squilibrio che può essere presente in una coppia con dominante e una dominata, ma anche quelle donne che intendono sottrarsi ai maltrattamenti in una famiglia o in una relazione, ed hanno bisogno di un supporto economico per affrontare una nuova vita, ovvero quelle che aspirano ad un lavoro e trovano ostacoli nel loro essere donne semplicemente o madri, e chi intende intraprendere una sia pur modesta attività imprenditoriale e rischia di essere vittima dell’usura, a volte con pressioni e minacce di violenza sessuale. Occorre, per agire sulla prevenzione, un nutrito piano di azione che approfondisca ancora questi temi e proponga misure adeguate per fronteggiarli non pensando alla via legale e della sicurezza, che ovviamente è fondamentale, come a una esclusiva panacea di questo male , ma ritenendo necessario pure un diffuso impegno per un cambiamento culturale, alla promozione del quale sono chiamate la scuola, la famiglia, le istituzioni e, nel caso delle misure contro il suddetto particolare tipo di violenza, le autorità competenti in campo economico e finanziario.
Se correttamente intesa, la visione cosiddetta patriarcale è null’altro che l’evocazione di un dato di fatto il quale evidenza che, traducendo dal greco antico (arco), il termine significa “sono il primo”, “conduco”, “precedo” ed è ciò che, per fortuna non diffusamente, si manifesta ancora da parte di uomini nei rapporti con donne nella famiglia e nella società; è l’essenza di un tale “modus operandi” non certo nelle originarie forme che tuttora appare, donde l’essenzialità dell’agire per il mutamento di culture e di comportamenti il cui superamento, nel campo economico, resta ancora più complesso delle altre forme di prevaricazione.
Comunque, nelle istituzioni e nelle società, dalla Banca d’Italia alle banche - da ultimo Bper ha promosso il 23 novembre un molto partecipato convegno contro la violenza economica - si è iniziato da tempo ad affrontare questo argomento.
È sperabile che delle riflessioni di queste giornate si faccia un tesoro da impiegare subito, e non siano studi astratti e infecondi.