Nuove fonti energetiche: l'anno del dialogo ora la transizione è in cerca di alleanze

Necessario superare le contrapposizioni ideologiche puntando sull'innovazione

Nuove fonti energetiche: l'anno del dialogo ora la transizione è in cerca di alleanze
di Gianni Bessi
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Venerdì 22 Dicembre 2023, 11:17

Le Conferenze annuali sul clima da tempo non riservavano più novità significative sul fronte del “che fare” per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione. La Cop28 ospitata a Dubai in realtà un piccolo segnale l’ha dato, approvando un testo finale in cui si sancisce l’allontanamento graduale dall’utilizzo delle fonti fossili, per raggiungere il net zero nel 2050. Inoltre, ha messo nero su bianco l’impegno a triplicare la capacità produttiva di energia da rinnovabili entro il 2030. È vero che il documento, come hanno osservato i critici, è pieno di scappatoie e comunque lascia alla volontà e all’iniziativa dei singoli stati il peso di finanziare la transizione, penalizzando i paesi meno ricchi. Ma il documento è stato salutato come un importante passo avanti nel mantenere l’aumento della temperatura mondiale entro 1,5 gradi.

LA TRAPPOLA

In questo scenario serviva risolvere alcuni rompicapi della lotta al cambiamento climatico, fra i quali il primo è la trappola energetica, cioè l’impossibilità di avere sicurezza delle forniture, competitività di prezzo e sostenibilità ambientale economica e sociale. La questione più rilevante - al di là del documento finale, che è una mediazione tra il phase out e il phase down dagli idrocarburi, come spesso succede quando ci sono in ballo interessi divergenti – è come ora si muoveranno gli stati e le potenze energetiche globali nel 2024. Fare le carte al mondo dell’energia non è mai facile, ma un punto è stato confermato dalla Cop28: il modello zero idrocarburi ha segnato un po’ il passo a causa dei limiti strutturali delle fonti rinnovabili, dalla loro scarsa densità alla mancanza di uno stoccaggio naturale per andare ai costi. Questi limiti non si riescono ancora a superare. Come fare? A Cop28 è emerso un’altra notizia. E dietro a quel punto fermo è rispuntata una vecchia conoscenza del mondo energetico, dopo anni di difficoltà e di cattiva reputazione: il nucleare, come possibile backup per l’elettrico da rinnovabili. Se guardiamo al gruppo che si è impegnato a triplicare la capacità di energia nucleare entro il 2050 ci troviamo gli Stati Uniti, insieme ad altri 21 Paesi, tra cui Francia e Gran Bretagna. Proprio il rappresentante americano John Kerry ha affermato che «non si può arrivare a zero emissioni nette nel 2050 senza nucleare». Aggiungendo però, che perché ci sia una soluzione percorribile serve l’attività di cattura e stoccaggio del carbonio. Gli Stati Uniti sono un colosso economico, industriale, energetico e, quindi, produttore di emissioni di CO2. E debbono trovare il modo di sostenere i settori difficilmente trasformabili con le attuali tecnologie green, i cosiddetti “hard to abate”. Senza contare che nel corso del 2023 hanno riconquistato e rinsaldato il trono di maggior produttore mondiale e delle sue esportazioni di petrolio e gas naturale. Ecco perché uno sguardo verso il 2024 dev’essere per forza uno sguardo che presuppone una visione d’insieme del mondo così com’è. E che deve lasciarsi alle spalle una contrapposizione sterile e a volte artificiosa tipica di appuntamenti come le conferenze sul clima, a volte fiere della vanità, dove il gioco è quello di puntare il dito sui limiti delle strategie dello schieramento avversario. Senza presentare a sostegno delle proprie tesi delle valutazioni di impatto anche socioeconomico. E l’adesione alla realtà richiede di avere di fronte tutti gli elementi della partita. Come la recente unificazione delle quotazioni di Brent e Wti Midland, dei due mercati del prezzo petrolifero americano e inglese, che conferma l’alleanza della finanza del petrolio dell’anglosfera, sancita ai tempi di Ronald Reagan e Margaret Thatcher. Lo scontro che ai tempi di Reagan e Thatcher riguardava il primato del benchmark petrolifero della city di Londra a scapito degli arabi guidati dallo sceicco Yamani, oggi si ripropone in formato 4.0, con la contrapposizione di anglosfera e paesi di Opec+ e Brics. Può sembrare una sceneggiatura per una serie Netflix, ma trova conferma nella lotta continua e strategica per il controllo finanziario del suo mercato e del suo prezzo.

LE PREVISIONI

L’outlook sul 2024 deve tenere conto anche degli elementi geopolitici, quali le guerre e le restrizioni adottate dalle Banche centrali per frenare l’inflazione. Proprio l’Unione europea sembra stia riposizionando alcune sue politiche, tra cui anche quella energetica. Gli indizi sono molti, dall’appoggio alla COP28 della posizione Usa sul nucleare, o dal rilancio dei PCI europei tra cui la Capture storage di CO2, per andare a una visione della tra v...,,.nsizione climatica che deve avvenire in modo socialmente equo e che aiuti l’industria a essere il miglior concorrente sui mercati globali, come ha dichiarato il commissario Sefcovic. Una linea su cui si inserisce il coup de theatre di candidare Mario Draghi a stilare il rapporto sul futuro della competitività europea in ottica green deal: il pragmatismo dell’ex presidente del consiglio suggerisce per il futuro una maggiore flessibilità di approccio. Troppo ottimismo? Resta che l’Europa, dopo la Brexit, aspetta le elezioni del nuovo parlamento e la conseguente commissione della legislatura 2024-2029; precedute dalle elezioni in Russia e seguite da quelle USA.

Tutti eventi su cui serve una strategia ferma e lungimirante; come anche nei confronti della Cina, verso la quale recentemente lo stesso Biden ha fatto un’apertura che si spera ripristini un po’ di stabilità a livello geopolitico, utile anche in chiave di sostenibilità ambientale. E alleanze sostenibili e fedeli su molti obiettivi, tra cui anche su come affrontare la trappola energetica. Se la sfida diventa tra modelli, allora serve ispirarsi alla storia, richiamando l’esigenza di uno sforzo complessivo, di un’alleanza e di un impegno di risorse, menti, forze politiche di Europa e Stati Uniti per concretizzare quella che sarebbe una vera e propria rivoluzione sociale prima ancora che energetica o industriale. Con alleanze e budget adeguati si potrebbe superare, infine, anche la concorrenza, solo presunta, fra molecola ed elettrone. Nascerebbe una stagione diversa dove non esistono più fazioni, i buoni e i cattivi, ma una comunione di intenti che vedrebbe avvantaggiati l’ambiente, l’economia e la società.

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